Nel 1960 ci fu la prima internazionale de La Dolce Vita: 58 anni dopo il film di Federico Fellini è ancora un intramontabile cult.

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Siamo a Roma ed è il 1960: è il 3 febbraio e, nella Capitale, sta per avvenire una piccola grande rivoluzione. Tutto è pronto, difatti, per la prima internazionale de La Dolce Vita, il capolavoro di Federico Fellini con Marcello Mastroianni e Anita Ekberg.

Due giorni dopo, il 5 febbraio, si terrà la prima proiezione pubblica della pellicola al Cinema Capitol di Milano. Due grandi eventi dalle proporzioni inimmaginabili, perché nessuno dei presenti probabilmente sapeva che stava per ammirare sul grande schermo uno dei film più celebri della storia del cinema e uno dei più iconici, dei più citati e più ricordati.

La Dolce Vita di Fellini vincerà la Palma d’Oro al 13esimo Festival di Cannes e il Premio Oscar per i costumi: il premio più grande, tuttavia, sarà il tempo a darlo a Federico Fellini, perché La Dolce Vita è semplicemente indimenticabile. Dalla scena della Fontana di Trevi – ormai incancellabile – ai continui riferimenti cinematografici futuri (uno su tutti La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino), passando per lo stesso titolo, diventato ormai sinonimo di uno specifico stile di vita.

Eppure le critiche non mancarono né i detrattori, tra chi sosteneva che il film fosse troppo pesante per le folle a chi addirittura fischiò il film a Milano, accusando Fellini di essere un “comunista”. Una donna presente alla prima però, con poche parole, sintetizzò la stranezza del fenomeno. Si trattava di Jean Toschi Marazzani Visconti, cugina di Luchino Visconti: “Fischi e insulti di quella sera fecero più notizia degli applausi. – disse – Nell’ipotesi del sequestro, già la mattina dopo, al Capitol, c’era la fila alla cassa. Fascino del proibito”.

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