DIVES MARMORIBUS TELLUS
Da duemila anni a Carrara si estrae il marmo più pregiato al mondo. Ma è ancora sostenibile?
Fotografie di Alessandro Gandolfi
Dives marmoribus tellus, “terra ricca di marmi”. Quindici secoli fa il poeta Namaziano descriveva così le Alpi Apuane, cuore del miglior marmo al mondo. È l’oro bianco scolpito da Michelangelo e da Canova, la pietra lucente sulla quale i romani costruirono il loro impero. Perché il marmo di Carrara è il più puro, il più candido e il più pregiato di tutti: la punta di diamante di un mercato internazionale, quello lapideo, che vale 25 miliardi di euro. Carrara è un patrimonio culturale unico, uno scrigno di conoscenza e tradizione che la tecnologia nell’ultimo secolo ha modificato radicalmente. Oggi poco più di seicento cavatori (un tempo erano ventimila) estraggono da un centinaio di cave cinque milioni di tonnellate di marmo all’anno, parte dei quali vengono trasformati in polvere e venduti come carbonato di calcio per fare dentifrici, vernici, concimi, carta e molto altro. I critici come Legambiente ricordano che negli ultimi trent’anni si è estratto più marmo che negli ultimi duemila, e che “la tutela delle Alpi Apuane è seriamente minacciata dalla pressione antropica”. I ricchi imprenditori assicurano di operare nel rispetto della sostenibilità e investono su progetti sociali legati al territorio. Carrara ne ha bisogno: la capitale mondiale del marmo è (paradossalmente) una città sempre più povera, vuota e disoccupata.
Paesaggi Antropici -LAC Laboratorio di Creatività Contemporanea
Progetto a cura di Officine Fotografiche Roma
Con il sostegno del MIC





