Federica Pellegrini presenta ‘Oro’: «L’acqua, il mio punto fermo»

È in libreria dal 16 maggio Oro (La Nave di Teseo), nelle cui pagine Federica Pellegrini ripercorre una vita di sport, successi, record, insuccessi, fatiche e passione. Ma come per ogni medaglia ci sono sempre un recto e un verso, anche nell’esistenza di una campionessa come la ‘Divina’ il libro della vita non ha risparmiato nulla. Adesso, la sportiva si è concessa di mettere nero sua bianco la propria storia, senza nascondersi e affidando la propria voce alla penna di Elena Stancanelli.

Partiamo dal titolo, Oro, il colore che hai ‘indossato’ più spesso a livello sportivo. Ma cosa rappresenta per uno sportivo?
Per me, come per qualunque atleta, oro non è solo quello che ho raccolto ma è un obiettivo più grande. È una ricerca costante della perfezione, che a un certo punto ha anche diviso le mie personalità  per poi ricongiungerle. È un miraggio, direi. Volevamo un titolo poetico ed evocativo ma non troppo lungo e, all’inizio, Oro non mi convinceva del tutto, mi sembrava troppo autoreferenziale. Ma mi sono resa conto che racconta proprio quella rincorsa alla perfezione e il percorso in generale, non solo la medaglia che arriva alla fine

Foto Kikapress

Come è nato questo progetto in cui ti racconti così profondamente?
Avevo già scritto libri in passato ma finora mai una biografia davvero introspettiva. L’idea è arrivata grazie a un incontro con Elisabetta Sgarbi, è con lei che abbiamo trovato questa grandissima scrittrice che è Elena Stancanelli. La sua penna è diventata la mia voce e questo libro è un sogno realizzato. Volevo raccontare la mia storia sotto tutti gli aspetti. E realizzare una biografica complessa per cui a ogni evento sportivo viene connessa la mia vita è stato un percorso faticoso e a tratti doloroso.

E a proposito di percorso, invece, come si fa a scegliere il momento in cui lasciare una carriera sportiva da record come la tua?
Devo dire che il tempismo, nella vita, mi ha accompagnato in maniera fortunata, forse ho buon istino da questo punto di vista forse perché essere stata così dura con me stessa mi ha fatto anche capire che, quando il fisico non rispondeva più come volevo, non gli avrei mai permesso di continuare a gareggiare solo per fare passerella. Non ho mai programmato nulla nella vita ma le cose sono capitate coincidenza di diversi fattori.

Cover da Ufficio Stampa

In queste pagine la divina del nuovo diventa umana e se toglie anche qualche sassolino dalla scarpa…
L’aggettivo ‘Divina’ mi è stato dato da altri e devo dire che da un lato mi imbarazza ma ne sono fiera allo stesso tempo. Questa biografia parte dagli inizi quindi era inutile negare i problemi che ho avuto con la Federazione agli esordi. Dalla ragazzina 14enne alla donna adulta di oggi, ci sono cose che alla fine del libro, in qualche modo, vengono messe a fuoco. Ma oltre a essere cambiata io, anche il mondo esterno è cambiato nei miei confronti. Spero sia un bel viaggio per chi vorrà leggerlo come lo è stato per me.

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Nel tuo percorso, di donna e di atleta, ti sei sentita incompresa?
Ho voluto mettere nero su bianco una storia che nessuno sa, dopo che si è raccontato tanto a livello sportivo e anche sul piano personale. Ma effettivamente, cosa coincida con cosa non era noto. Per il resto, incompresa? Non so, molte cose non si sapevano o sono state strumentalizzate. Quando mi si attacca a 17 anni perché piango per un argento quello non è un giudizio obiettivo, il mio è piangere per delusione. Qui io ho solo raccontati i fatti da come li ho vissuti io in prima persona, senza terze parti che facessero da tramite.

Per un libro in cui ti racconti così ampiamente, hai scelto una copertina in cui ti vediamo di spalle. È come dire al lettore ‘ora puoi guardare le cose dal mio punto vista’?
Diciamo che è una copertina che lascia un po’ all’interpretazione personale. Le spalle nude sono sempre state la mia fobia e l’oggetto della mia crescita professionale. Ho avuto la paura ricorrente di avere le spalle troppo larghe ma questo rappresenta anche il fatto di aver sopportato diverse cose, sia personali sia nella mia carriera. E poi ci sono delle foto che capitano, nel senso che ho avuto la fortuna di lavorare con tanti fotografi durante la mia vita e ci sono quelle foto che nascono così e che dici “questa sono io, se mai farò un libro sarà la copertina”. Ed è anche vero che molto spesso mi si riconosce molto di più le mie spalle, perciò sono perfettamente riconoscibile anche così.

Foto Kikapress
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E adesso, cosa dà adrenalina a Federica Pellegrini?
Questo è un dilemma ma francamente penso che noci sarà nulla che mi darò la stessa adrenalina e ne sono serena con questo fatto. Ci sono altri progetti in cui credo, di cui questo libro è il più grande, quindi sono gioie. Nulla potrà mai eguagliare la sofferenza del pre gara e del post gara.

Ti abbiamo visto a Pechino Express con tuo marito Matteo, che esperienza è stata nel complesso? Quando inizio a fare le cose, non penso mai a quello che può arrivare a casa ma le faccio per me e perché penso al fatto che possa essere un progetto bello per la mia crescita personale. Con Pechino Express volevo mettermi alla prova e ho deciso di intraprendere questo viaggio con quell’intenzione. Non nego che, anche come coppia, è stato un percorso difficile per cui io e Matteo abbiamo dovuto imparare a lavorare in squadra anche sotto pressione ma in maniera diversa rispetto al passato. È stato molto interessante, un bellissimo viaggio difficile ma bellissimo che, se non avessimo fatto adesso, forse non lo avremmo più potuto fare.

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Oggi, senza la componente competitiva, che rapporto hai con l’acqua?
L’acqua la vivo sempre allo stesso modo, nel senso che quando vado in piscina mi alleno con i ragazzi. Non vado a farmi solo la nuotata, piuttosto non ci vado e infatti da quando ho smesso con le gare ci sono andata molto poco. L’acqua per me è nuoto, è competizione. Il fatto che mi piacesse e che mi piace stare in acqua è perché è il mio elemento e lo è stato per vent’anni. Quindi non c’è un cambio di approccio, non sono mai arrivata a odiare l’acqua neppure quando ho smesso di nuotare. Non l’ho fatto perché non mi piacesse più nuotare o detestassi l’acqua ma l’ho fatto perché il mio fisico non ne poteva più fondamentalmente. E l’acqua è il mio punto fermo, la mia maestra di vita.

E tra dieci anni come ti vedi?
Tra dieci anni non lo so proprio, io sono in continua evoluzione

Cover da Ufficio Stampa / Foto Kikapress