La terza edizione del Trapani Film Festival vede brillare come madrina d’eccezione Simona Cavallari, attrice dal talento versatile con all’attivo una carriera straordinaria tra cinema, televisione e teatro. Amatissima dal pubblico italiano, Cavallari ha un legame consolidato con quest’angolo di Sicilia: “Qui mi sento davvero a casa”, ci confessa, infatti, a Villa Margherita. “Tornare a Trapani, per me, è un ritorno in famiglia. Ho trascorso quindici estati a Favignana e quindi questo territorio fa parte della mia vita”.
“Poi, qui, ci sono amici veri, come Lello (Raffaele ‘Lele’ Vannoli, ndr), che i miei figli chiamano ‘zio’, e molti giurati che già conoscevo. È quasi una vacanza, più che un impegno”. Spesso scenario di produzioni televisive e narrazioni cinematografiche, la Sicilia è stata – e continua a essere – scenario di grandi titoli. “È stata set di tantissimi film: io stessa ho girato qui almeno cinque volte, tra Montalbano e Il capo dei capi”, ricorda Cavallari.
“Però un conto è il set, che vive una sua dimensione, un altro è un festival che coinvolge le persone. Penso che sia un momento molto bello per la città: tutto è avvenuto in modo naturale, i De core sono persone semplici e accoglienti. E il festival è riuscito a integrarsi perfettamente con questo spirito”.
Elemento centrale, il mare – “per me è vita, salvezza”, ci dice – è insieme separazione e connessione. A tale proposito Simona Cavallari, negli ultimi mesi si è esposta su temi molto delicati legati ai drammi umani che si consumano a Gaza. “Per me è stato naturale. Non mi sono chiesta quali potessero essere le conseguenze sul lavoro: quando si parla di bambini, non ci dovrebbero essere esitazioni. Ho conosciuto famiglie palestinesi, ci sentiamo quasi ogni giorno. Se fosse successo a noi, sono certa che loro avrebbero fatto lo stesso”.
“Mi chiedo spesso perché tante persone con grande visibilità non prendano posizione. Ci sono pressioni enormi: basti pensare a Susan Sarandon, che dopo essersi esposta è stata licenziata dalla sua agenzia. Evidentemente c’è la volontà che questo genocidio non venga raccontato. Eppure penso ai nostri grandi esempi: Troisi, Tognazzi… con il sorriso non smettevano mai di denunciare. Oggi, invece, vedo molta omologazione e poca voglia di esporsi”.
Tornando al cinema, Simona ha appena concluso un film girato in Calabria, “un’altra regione bellissima che ho scoperto dopo la Sicilia. Si chiama Heaven, ed è tratto da una storia vera: racconta la vicenda di una ragazza uccisa, contro la violenza sulle donne. Io interpreto la madre. È un progetto importante, che spero possa arrivare al cuore del pubblico”.