“La bellezza salverà il mondo” disse il romanziere Fedor Dostoevskij in uno dei suoi più famosi capolavori  della letteratura russa, “L’idiota”.  Oggi, nello sconcerto del momento,  non sappiamo più a cosa appigliarci per mantenere salda la nostra interiorità più vera. Ed ecco che, a superare la profonda crisi esistenziale che stiamo vivendo,  può venirci in aiuto anche l’esaltazione di quei valori eterni come la “Bellezza”, in particolare la bellezza femminile  vista come parametro non esclusivamente  biologico ma come concetto universale.

Ci viene così in mente uno di quei miti femminili appartenenti a suggestive storie del passato cinematografico, come l’ indimenticata figura di Rita Hayworth, la quale, con le sue chiome fiammeggianti e ondulate,  ha rappresentato l’icona cui sembra ispirarsi l’hair-styling del pianeta donna nell’attuale ambiente dello spettacolo.

Rita-Hayworth

Margarita Carmen Cansino  (n. New York il 17.10.1918 – m. N.Y. 14.5.1987), nasce dal famoso ballerino di flamenco Eduardo Cansino, esibendosi col padre già dall’età di 12 anni nei vari night-club della Grande Mela e in pellicole di serie B. Ragazzetta belloccia e dal fisico prorompente, solo grazie al contratto firmato con la Columbia cambiò la sua vita. Fu un’operazione artistica del tutto risolutiva,  sia per il drastico cambiamento della sua vita professionale e sia del suo nome d’arte che divenne quello di Rita Hayworth.  Non solo, la casa cinematografica credette opportuno procedere  a dei ritocchi estetici sull’attaccatura frontale dei suoi capelli che risultava un po’ bassa, consegnandoci  una delle più seducenti pin-up del ventesimo secolo.

Donna fragile e tormentata, ebbe ben cinque mariti, fra i quali il grande attore Orson Welles, unione  risoltasi con un divorzio e dalla quale ebbe una figlia, Rebecca.  Ma il suo ultimo matrimonio,  che suscitò a quei tempi un vero scandalo,  fu quello  con il principe musulmano Ali Khan, erede dell’Aga Khan III, con una scomunica all’attrice da parte della Chiesa cattolica.  Dal matrimonio, avvenuto il 27 maggio 1949, quando lei aveva 30 anni e lui 38,  l’attrice se n’ebbe  il titolo di Principessa e una figlia, l’amata Yasmin, che le fu accanto per tutta la vita. Di quell’unione se ne dissero di cotte e di crude, che fosse un incontro combinato tra il potere e la bellezza. Di sicuro si sa che tra di loro divampò  una vera attrazione fisica, ma anche quell’unione  ebbe termine nel 1953, minata dalle continue infedeltà del marito e da insanabili divergenze di carattere religioso, nella ferma convinzione  della Hayworth di non volersi convertire  all’Islam.  L’attrice quindi si ritirò  in Pakistan e in India nelle  sontuose  residenze ufficiali del suocero.  Ali Khan morirà nel 1960, a soli 49 anni, in un incidente automobilistico.

L’American  Film Institute classifica la Hayworth al 19° posto tra le grandi star della storia del cinema, con 61 films in 37 anni di carriera, tra i quali emergono “Sangue e Arena” del 1941 e  l’ormai classico “Gilda” del 1946.

Va detto che il grande establishment cinematografico hollywoodiano non è mai stato prodigo nei suoi  riguardi. Solo nel 1965, col film “Il Circo”,  ottenne una nomination al Golden Globe.

Poi, cominciò il suo declino. Dedita all’alcool, lentamente si abbandonò  alla sua solitudine sentimentale, sfociando  in quella malattia che non perdona e che si chiama alzheimer.  Fu sepolta  in California all’Holy Cross Cemetery.  E quella “stella”  sulla Hollywood Walk of  Fame sta a ricordarci  una vera diva del cinema, quando il divismo era ancora un fenomeno vivo, “altro” dalle commistioni sociali di oggi.

Ci è piaciuto ricordare la Hayworth quale simbolo della bellezza, simile a un quadro d’artista imperituro nel tempo. E, ancora,  ci piace citare una frase della stessa, la quale ebbe a dire:

“Ogni uomo che ho conosciuto è andato a letto con “Gilda” e si è risvegliato con me”.

Angela Grazia Arcuri