IL PROGETTO NONèTERNIT – Travi, pannelli e lamiere si trasformano e diventano arte: a Roma, nella storica periferia di Pietralata, alcune parti di capannone da cui è sorto l’Atelier Montez (via di Pietralata 147A) di Gio Montez, spazio d’arte contemporanea relazionale, sono state riutilizzate per realizzare una installazione artistica modulare senza forma, materiale utile per realizzare mostre e performance, sempre diverse e sempre adattabili al contesto in cui queste avvengono.

Nonèternit è un processo di riqualificazione urbana che, tramite uno studio all’insegna della sostenibilità e del recupero, ha trasformato in arte ciò che sarebbe diventato presto cenere e inquinamento. Alla base del progetto c’è stata la lungimiranza dell’artista e curatore Gio Montez di intravedere del potenziale artistico in ciò che rimaneva del tetto di una fabbrica ausiliaria al complesso produttivo del Lanificio Luciani di Roma, bruciata e abbandonata da tempo. Questi “scarti” sono stati quindi salvati dalla distruzione durante il rinnovamento della fabbrica, rianimati con nuovi contenuti e resi promotori di sviluppi urbani e sociali.

LA MOSTRA DI VIENNA – Il progetto NONèTERNIT, il cui valore è stato anche riconosciuto col Premio SIAE “Per Chi Crea” 2019, è stato presentato per la prima volta a Vienna con la mostra “Quo Vadis”. In esposizione una inedita modalità compositiva: la forma #5 – Labirinto. Sarà visitabile presso la AA Collections (Rudolfsheim-Fünfhaus, 16 Bezirk) fino al 15 febbraio, da mercoledì a sabato, dalle 16 alle 20. L’appuntamento è il primo di un tour promozionale che toccherà anche altre città europee e italiane. L’inevitabile approccio prossemico ravvicinato alle lamiere sospese a mezz’aria presenta un suggestivo “quadro informale” che emerge dalla frammentazione della visione, celando porzioni di spazio allo sguardo del fruitore, impedendogli una vista prospettica d’insieme e rendendo imperscrutabile la (via di) fuga. L’appuntamento è il primo di un tour promozionale che toccherà anche altre città europee e italiane.

La galleria di Vienna diventa così un labirinto non solo fisicamente, ma anche metaforicamente. La storia gli elementi divisori della stanza, così come la storia dell’edificio stesso in cui si trova la galleria, un edificio comunitario viennese, riflettono nell’interazione, il ruolo apparentemente perduto dei lavoratori odierni in un mondo di automazione e di globalizzazione. L’installazione rende lo spazio angusto, tortuoso e oscuro, da percorrere come fossimo nella tana di un coniglio. La forma del Labirinto è dunque ambigua per sua stessa natura, e genera l’assurdo logico di una forma informale.