Avete mai sentito parlare della Casa dei mostri di Roma? Ecco perché viene chiamata così e qual è il suo vero nome

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Molte persone dicono che Roma sia un monumento vivente ed in effetti lo è, visto che ogni via ha qualcosa da raccontare. Ogni angolo è legato ad una storia o tradizione ed i turisti non possono fare a meno di stupirsi davanti a così tanta meraviglia. Fontane, Colosseo, Archi, palazzi, oggi vogliamo parlarvi della cosiddetta Casa dei Mostri, ecco cosa bisogna sapere prima di visitarla.

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Roma Casa dei mostri, l’origine del nome

La Casa dei mostri è il palazzo che scende da Piazza Trinità dei Monti, lungo la via Sistina e Gregoriana e viene chiamato così per il portone sulla via Gregoriana che si apre in una gigantesca bocca spalancata, con un naso a far da chiave di volta, le guance da cornice e gli occhi con le sopracciglia da timpano. Si tratta di una decorazione insolita che accompagna i due finestroni in legno. E’ una parte dell’edificio, l’unico elemento del muro rimasto dopo una serie di modifiche avvenute nel corso dei secoli. Questa area fu costruita per volere di Federica Zuccari nel 1592, all’epoca era lui il padrone della struttura. Infatti, il vero nome è Palazzo Zuccari.

Palazzo Zuccari

La storia del palazzo

Dopo la morte del proprietario vi susseguirono varie persone che soggiornarono nel palazzo. Tra i tanti Enrichetta Hertz che fece costruire un edificio a tre piani nella zona del giardino con l’ingresso tra le vie Sistina e Gregoriana, secondo un progetto di Mario Cannizzaro; al suo interno venne costruita la casa dei preti. Inoltre, la padrona di casa raccolse un’importante collezione di quadri e una biblioteca ricca di libri. Molti artisti frequentarono il palazzo, anche Gabriele D’Annunzio che ne parlò anche nel suo libro Il piacere.

Prima di morire, Hertz lasciò allo Stato Italiano la raccolta di quadri, che successivamente venne riunita al Museo di Palazzo Venezia; decise poi che l’edificio e la Biblioteca andassero al governo tedesco affinché venisse aperto un centro di studi. Da qui la biblioteca Hertziana.

FOTO: SHUTTERSTOCK