Habemus il 46° Presidente Usa. Suonano così le campane per la vittoria del democratico Joe Biden, cui ci affianchiamo con soddisfazione, mentre sul fronte sanitario mondiale ben altra cruenta battaglia si sta consumando contro quell’altro nemico invisibile che ghigna sempre più aggressivo  nell’aria e sotto i nostri calcagni.  Il platinato uscente dall’aspra contesa americana, alias Donald the Trump, forse colto dai fulmini celesti per le sue posizioni negazioniste contro la difesa dell’ambiente, da parte sua non intende accettare la sconfitta anziché ritirarsi  in buona pace a lisciare da qualche parte il suo volatile parrucchino che un giorno o l’altro lo porterà a vorticare nei cieli americani come una mongolfiera.

I “mal di pancia” delle periferie

Per intanto, ci piace soffermarci da semplici osservatori  sulla differenza tra “centro” e “periferie” quali appaiono  nello sconfinato continente al di là delle colonne d’Ercole.

Abbiamo visto infatti che l’enorme campo rosso in cui troneggiava Trump, stando alle proiezioni statistiche, rappresentava  nient’altro che la “periferia” americana,  quel territorio  occupato da quell’ampia fascia di etnie afro-cubane e diseredati  di ogni tipo, verso i quali Trump aveva mantenuto le sue promesse di assistenza negli anni del suo mandato.  Così accade d’altronde nel nostro Paese, ove le derive autoritarie riscuotono ampio consenso nei “mal di pancia” delle periferie. Quindi, guardando agli Usa,  gli ideali borghesi rimangono circoscritti nei cosiddetti  “centri” geopolitici trovando perciò la loro espressione sulle coste.

Quale il ruolo della borghesia?

Sembra peraltro significativo il ruolo della borghesia in questo nuovo contesto mondiale, sempre che questa classe sociale debba conservare nei decenni futuri le sue caratteristiche divisive tra classi operaie e classi direttive, se vogliamo entrare nell’affascinante  campo della futurologia. Ma è indubbio che media e piccola borghesia appaiano al momento i maggiori custodi di quella difficile produttività nazionale che ci tiene in ballo.

C’è allora da osservare  in estrema sintesi che il nostro Paese resta in qualche modo dipendente  da quella   borghesia ancora legata ai sani principi sabaudi, contrariamente, ad esempio, a quella della Grecia, ove prevale una borghesia falsa e soprattutto corrotta. Tanto risulta da alcune analisi, in cui si dipinge Tsipras come soggetto che ha operato in modo lento per portare il suo Paese fuori dalla crisi economica, tutto compreso a criticare la Troika germanica. Si trova quindi ora dinanzi a più seri problemi, anche sotto la stretta della Turchia di Erdogan che vieta ogni libertà di pensiero.

Donna… sempre donna

Abbiamo visto come Biden, consapevole della sua età ormai piuttosto veneranda, con sagace criterio  ha  voluto nominare al suo fianco quale vicepresidente  Kamala Harris, l’avvenente  afro-americana di 55 anni, portata avanti principalmente dal voto delle donne. L’applauso del contingente femminino è quanto risulta in questo momento il più opportuno e stringente laddove, secondo il comune frasario lessicale,  tutto funziona ancora in termini maschilistici. Pur avendo conquistato nel tempo innegabili ruoli istituzionali e pubblici, d’altro  canto è solo la donna a possedere quei requisiti unici della mitologica “mater-matuta” dei quali l’uomo, il cosiddetto braccio forte, è stato privato dalla natura.

Trump: dall’Usa senza amore

La figura di Trump, che ufficialmente esaurirà il suo mandato presidenziale nel gennaio 2021, resta ad ogni buon conto piuttosto controversa. Certi  suoi atteggiamenti ce lo narrano come un uomo che, qualora gli veniva presentata una donna di scarse qualità fisiche, non si faceva scrupolo di imporle un perentorio dietro-front (sic!).

Si racconta che fin da ragazzo, in realtà decisamente avvenente, mirasse a un solo obiettivo: quello di diventare “famoso”. E non gli fu difficile, considerata la sua capacità di grande comunicatore e il favore del suo “entourage” familiare e professionale. Ci si chiede allora quali fossero i suoi veri sentimenti verso la prima moglie Ivana Trump e quali nei confronti dell’ultima, la bellissima ex modella Melania Knauss.  A dirla papale, in questi ultimi anni si è avuta la vaga impressione che l’ex first lady  non risplendesse di felicità negli eventi ufficiali, confermando le voci di un prossimo divorzio dal marito. Stiamo a vedere  cosa succederà nel loro rapporto dopo la vittoria di Biden e il trionfo morale della donna. Sembra tuttavia lecito supporre che Trump nasconda una qualche remora di “anaffettività“. Sicuramente di maschilismo.

Comunque sia, i risvolti sociali che simultaneamente si presentano sotto gli occhi di tutti consentono di non dare nulla di scontato soprattutto a livello affettivo e psicologico, per cui Trump potrebbe maturare un profondo cambiamento interiore dalla sua sconfitta. Si può nascere quadrati e morire tondi? L’alternativa ci lascia alquanto scettici in tempi normali, ma di questi tempi avvelenati  dal “lock down” tutto ma proprio tutto può accadere, da un giorno all’altro, da un’ora all’altra, dall’uno all’altro minuto.

Angela Grazia Arcuri

Roma, 12 novembre 2020