Il concerto di Salmo è stato fresco come la tramontana, nonostante la notte calda di Roma a luglio. Sull’erba a Rock In Roma è andato in onda il flop della razza umana.

Il concerto di Salmo è fresco come tramontana, nonostante la notte calda di Roma a luglio. Recita il flop della razza umana, che assomiglia ad un grande show strambo e postmoderno. Sono proprio le stramberie della forma umana ad attirare l’attenzione del pubblico; come vedere un rapper che piroetta sul palco a bordo di una sedia a rotelle, un po’ film dell’orrore, un po’ Scary Movie.

Salmo dal vivo dirige un freak show in cui i freak non sono quelli sul palco, ma altri: i timorati in fila per il perdono, la maggioranza silenziosa che vota con i like, i disturbati mentali al potere. Non c’è niente di politico, tantomeno di politically correct anche perché il cattivo esempio è già in diretta tutto il giorno, tutti i giorni, su tutti i social.

Salmo unisce il NO del rock (il mondo fa schifo? Allora lo combatto) al SI della dance (il mondo fa schifo? Allora ballo e mi diverto). Somma chitarre metal e cassa techno, grafiche con i teschi e drum’n’bass. Vola dalla California alla Sardegna, per poi droppare il suo rap a volte intimo come uno spoken word, altre carnale come un coro da stadio ritornellaro. Come un guastatore postmoderno aperto di 360 gradi al crossover, Salmo dal vivo strappa pixel di realtà, campionamenti di disagio, briciole di dogmi e li usa per la sua narrazione.

Dietro a lui, sul palco, le Carie. La super band che ai vostri figli piacerà. Un’accolita di musicisti balistica e potente. DJ Slait, fondatore con Salmo di Machete Empire; Jacopo Volpe (Gemitaiz, Madman, Coez, Sfera, The Bloody Beetroots) super batterista con lo zampino anche nella direzione musicale del tour; Dade (Linea 77) al basso; Marco Azara alla chitarra (è suo il riff triplo platino di Il Cielo Nella Stanza) e Frenetik produttore multiplatino, taste maker dell’etichetta Asian Fake (quella di Coma Cose) che sul palco sembra uno di quegli elettrodomestici che tagliano, impastano e cucinano contemporaneamente, sempre alle prese con la mista di synth, chitarre e campionatori.

Il concerto di Salmo a Rock In Roma è squisitamente strambo, divertente e reale. Il prato di Rock In Roma profuma di erba, coperto da più di venti mila persone. Sul palco niente serenate rap, niente Maradona e Pelè, ma solo roba che arriva dritta giù da sottoterra e va di moda.

Salmo è in bilico fra sottoterra e classifiche; dopo i tre dischi di platino del suo ultimo album Playlist, orchestra il Machete Mixtape 4. Una capriola discografica e… voilà sono di nuovo underground e sperimento come mi pare. L’acme di Salmo sta proprio in questo equilibrio magico fra il sotto e il sopra, fra serio e faceto, fra giusto e sbagliato. Una posizione che non si mantiene usando la testa, perché non diventi leggenda se hai la testa a posto. Bisogna saper essere un freak, uno strambo che usa l’istinto e va per la sua strada.

Finito il concerto di Salmo, all’uscita sembra di essere all’imbarco di un traghetto: macchine incolonnate ferme con genitori in preda a scrolling compulsivo. Madri e padri maniaci di scroll or die in attesa di imbarcare i loro pargoli e pronti a ripiegarli dentro la famiglia, sperando che non prendano su serio le rime di Salmo, che in fondo è solo un rapper.