Pallone d’oro nel 1993, 204 gaol in serie A: Roberto Baggio, detto il Divin Codino, oggi vive felice lontano dai riflettori

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Il 16 maggio 2004, il calcio salutava Roberto Baggio che dopo 22 anni di carriera, un pallone d’oro e 300 goal decise di appendere gli scarpini al chiodo. L’addio definitivo al mondo del calcio, arriverà nel 2013 quando si dimetterà da presidente del settore tecnico della Federcalcio. In attesa di vedere su Netflix ‘Il Divin Codino’ film biografico sulla vita del calciatore, Baggio ha rilasciato una bellissima intervista al Venerdì di Repubblica in cui racconta la sua nuova vita.

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Oggi Baggio vive in Veneto a Altavilla Vicentina con sua moglie Andreina e i tre figli. Si dedica alla vita di campagna alla caccia, al buddismo e il pallone lo ha definitivamente abbandonato.

“Faccio la cosa più bella, sono a contatto con la natura, faccio dei lavori che mi danno grande soddisfazione, Mi accontento delle piccole cose ma sono quelle più belle più vere alla fine”

Un calciatore ancora nel cuore di molti tifosi

L’amore e l’affetto per questo calciatore non sono scemati e ancora oggi continua a ricevere tantissime lettere da tutto il mondo. Cosa che lo sorprende e ovviamente lo rende felice: perché sono trascorsi tanti anni e tutto questo riconoscimento non è scontato. Ma stiamo parlando dell’ultimo attaccante italiano a vincere il Pallone d’Oro nel 1993, di un calciatore che ha saputo dire basta e ritirarsi, che preferisce la vita in campagna al clamore televisivo o a far parte di un mondo in cui in parte non si riconosce più. D’altronde lo ha lasciato proprio per questo.

“Non ci tengo alle poltrone – ha dichiarato parlano della sua esperienza da presidente della sezione tecnica della Federcalcio. – Il mio progetto di 900 pagine presentato a novembre 2011 è rimasto lettera morta e ne traggo le conseguenze”.

Lasciare mi ha ridato ossigeno stavo soffocando”

Roberto Baggio a il Venerdì

Roberto Baggio: “Ho sempre saputo che il calcio aveva una fine. Non guardo le partite, non mi divertono quasi mai.”

Un calcio che oggi non lo diverte più nemmeno guardalo. Troppo tecnico, manca la componete del gioco, spiega Baggio ad Emanuela Audisio. “Ad ammazzare me e quelli come me è stato il calcio tattico, scender un campo solo per neutralizzare gli altri. Ma se il gioco diventa un affare che esclude il fioco, non ha più senso”. Insomma non rimpiange la scelta fatta Roberto Baggio “lasciare mi ha ridato ossigeno stavo soffocando”, ma che porterà sempre con se nei suoi ricordi.

Come quel calcio di rigore sbagliato ai Mondiali di USA ’94 che consegnò la coppa al Brasile. “L’unico che nella mia vita ho tirato alto e non so perché. Ancora non me lo perdono: ho passato sere a sognare che lo buttavo dentro, ma quel giorno avrebbero potuto uccidermi e non avrei sentito niente” o l’addio a Firenze e alla Fiorentina che provocò non pochi tumulti in città con i tifosi che contestarono la dirigenza di allora, la famiglia Pontello, e accusarono il giocatore di essere un mercenario.

“Sono riconoscente a Firenze perché quando ero rotto mi ha aspettato due anni, anzi tre. Io non volevo lasciare la Fiorentina, avevo 23 anni, stavo comprando casa, mi ero spostato, aspettavamo una bambina, ma ho scoperto che i proprietari uscenti, i Pontello, mentivano, mi avevano già ceduto agli Agnelli. Sono andato due volte a Roma a parlare con Cecchi Gori e la seconda lui mi dice: se non vai alla Juve non mi fanno comprare la società. E così sono passato per mercenario. Hanno scritto che non avevo carattere perché a Firenze con la Juve mi sono rifiutato di battere un rigore contro la Fiorentina, ma ero già d’accordo con il mio allenatore Maifredi che se ne sarebbe occupato De Agostini, perché il portiere era Mareggini con cui mi ero allenato per anni e che mi conosceva benissimo”

Indimenticabile il legame con Stefano Borgonovo, attaccante come lui e compagno di squadra in maglia viola, ribattezzati la coppia d’attacco B2.

Crediti foto@Kikapress