Secondo la coordinatrice del comitato di coordinamento di un network nato dall’impegno dell’Universities Network for Children in Armed Conflict (Unetchac) con il supporto del nostro ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale (Maeci) “non potevamo restare insensibili innanzi a quei minori che vivono situazioni di particolare disagio determinato da guerre civili e conflitti armati”

Si sta svolgendo in questi giorni la ‘International Autumn School 2021’, la prima scuola internazionale dedicata ai bambini in conflitto armato, per formare i giovani e sensibilizzare e prevenire un dramma ancora aperto. Un progetto realizzato dall’Universities Network for Children in Armed Conflict (Unetchac) con il supporto del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. Per la prima volta, gli studenti approfondiscono il tema dei bambini in conflitto armato da una prospettiva pratica e teorica; studiano nella modalità on line da aree dove tali conflitti persistono (Afghanistan, Medio Oriente, Congo, Iraq), ma anche da Italia, Germania, Austria, Albania, Stati Uniti e numerosi altri Paesi; seguono le lezioni tenute da esperti e ricercatori dai migliori atenei in Europa, Stati Uniti, Africa e Medio Oriente. L’iniziativa è solo la più recente idea messa in campo dall’Universities Network, che con i suoi 47 partner tra università e istituti di ricerca internazionali, si dedica con impegno, a partire dal suo lancio –  avvenuto il 20 novembre 2020,  in occasione del 20° anniversario del Protocollo opzionale alla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo e sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati (Opac) – alla realizzazione di conferenze internazionali, settimane accademiche, seminari di studio e  approfondimento e tavole rotonde sul tema. L’apertura della ‘Autumn School 2021’ ha visto, in particolare, la partecipazione di Virginia Gamba, Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i bambini e i conflitti armati; Pasquale Ferrara, direttore generale per gli Affari politici e di sicurezza del Maeci. Oltre a loro, rappresentanti dell’Onu; dell’Unicri (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute); dell’Idl – International Development Law Organization; la Croce Rossa Internazionale; Unicefi; Global Coalition to Protect Education from Attack (Gcpea). Il mondo accademico si unisce alla cooperazione per contrastare la violenza che continua a colpire i più piccoli e vulnerabili. Secondo i dati pubblicati nell’ultimo Rapporto annuale del Segretario generale delle Nazioni Unite su bambini e conflitti armati, sono oltre 26 mila le gravi violazioni verificate dalle Nazioni Unite nel 2020, escludendo da questi numeri tutte quelle violazioni che non sono state verificate o non verificabili. Ce ne parla Laura Guercio, membro del Comitato di coordinamento del network.

Laura Guercio, quando avete avvertito l’esigenza di organizzare l’International Autumn School e come siete riusciti a concretizzarla?

“Come network di Università provenienti da diverse aree geografiche del mondo e da zone di conflitto armato, abbiamo nelle ‘corde’ del nostro Dna la tensione per l’organizzazione di corsi formativi e trainings indirizzati a studenti, esperti del settore, professionisti, rappresentanti di Ong. Questo è uno degli impegni che il network sta portando avanti, insieme alle attività di studio, analisi e ricerca volte a esprimere elementi propositivi e costruttivi per l’evoluzione delle prassi e degli strumenti normativi. Nello specifico, l’International Autumn School è un laboratorio formativo sulla protezione dei minori in situazione di conflitto armato – con particolare attenzione alle bambine – che vede coinvolti professori universitari provenienti da tutte le aree geografiche, rappresentanti delle istituzioni e di agenzie internazionali, oltre che di organizzazioni non governative. Il corso si prefigge di affrontare tale tematica in relazione all’agenda delle Nazioni Unite sui bambini e i conflitti armati, nonché quella sempre delle Nazioni Unite su ‘Donne, pace e sicurezza’. Sono queste le due tematiche su cui l’Italia si sta impegnando da tempo e, in merito, sono felice di ricordare che questo progetto ha trovato il supporto del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale nell’ambito delle iniziative volte a promuovere il IV piano di Azione nazionale sulla Risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su ‘Donne, pace e sicurezza’. Il piano pone, infatti, particolare attenzione alla figura delle bambine in situazioni di conflitto armato”.

Si tratta di un grande laboratorio internazionale per la formazione e la tutela dell’infanzia?

“Prima ho usato il termine ‘laboratorio’, perché gli 85 studenti ammessi su oltre 200 ‘applications’ saranno coinvolti in maniera interattiva non soltanto attraverso gli spazi di discussione durante le lezioni, ma anche attraverso la loro partecipazione in ‘like minded groups’, in cui gli stessi studenti sono divisi. Ogni gruppo, parallelamente alle lezioni, sarà uno spazio di discussione e dibattito, seguito dai tutors del netwrok, sulle tematiche affrontate durante le lezioni. Al termine del corso, gli studenti presenteranno un elaborato finale, che verrà raccolto in una pubblicazione, insieme alle loro riflessioni in relazione a una serie di foto che ci sono state fornite dall’artista Mohamed Keita, che a loro volta verranno raccolte in un calendario finale. Quello che vogliamo veramente è che i ‘trainees’ della ‘Autumn School’ siano i veri protagonisti di questo progetto”.

Rispetto all’inaugurazione del progetto, avvenuta nel mese di novembre dell’anno scorso, cosa non ha funzionato? Ha qualche rimpianto?

“Ho un solo rammarico: non aver potuto accettare tutte le ‘applications’. Purtroppo, al fine di poter seguire opportunamente gli studenti, abbiamo dovuto necessariamente porre dei limiti. Ma intendiamo sviluppare il progetto nei prossimi anni, avendo peraltro già ricevuto riscontri estremamente positivi dagli studenti e dai colleghi coinvolti nella formazione”.

Come è stato possibile, dall’idea di istituire un network universitario per proteggere i bambini in conflitto armato, arrivare a una realtà accademica operativa, che oggi comprende 47 partner internazionali?

“I diritti umani sono il sale della vita, la lingua ‘franca’ di cui oggi disponiamo. Come possiamo rimanere insensibili, soprattutto quando certe questioni riguardano i minori in situazioni di particolare disagio determinato dai conflitti armati? Non possiamo. E come potrebbe il mondo accademico non avere a cuore questa tematica? La comunità accademica è rivolta ai giovani e con i giovani ci lavora. Sono loro il nostro futuro. E nei loro confronti, il mondo universitario ha una responsabilità che non è solo quella di impartire ‘saperi’, ma è anche quella di contribuire a costruire categorie mentali di ragionamento. E infatti, da quando è stata lanciata, l’anno scorso, l’idea dell’Universities network, vi è stata una risposta forte e calda da parte di professori e università che hanno confermato quanto dicevo prima. Alle volte, basta solo lanciare l’idea”.

Come è stato possibile per gli studenti partecipare alla ‘Autumn School’ e in che maniera sono stati selezionati?

“Gli studenti provengono da diversi parte del mondo, tra cui zone di conflitto come la Repubblica democratica del Congo, l’Iraq e l’Afghanistan. Ma altri vengono da varie parti di Europa, Stati Uniti, Africa e Medio Oriente. Il corso on line è gratuito ed è stato diffuso da tutte le università membri del network. Come ho detto prima, avremmo dovuto aprire a tutti coloro che avevano fatto richiesta, ma abbiamo dovuto fare una selezione basata sui curricula dei candidati, necessitata anche dal fatto di dover seguire in maniera opportuna gli studenti ammessi. Ciò detto, la nostra idea è ovviamente quella di proseguire in questo progetto, di aprirlo con diverse repliche a più studenti possibili. Come ho detto, le richieste sono state tante e i ‘feedbacks’ che sino a ora abbiamo ricevuto ci portano a ragionare su tale orientamento”.

Tra i partecipanti, ci sono anche studenti afghani: qual è l’impegno che il network si propone, in questo particolare momento, nei confronti dell’Afghanistan?

“Il network sta già lavorando su un progetto volto a sostenere giovani ragazze afghane che ora risiedono in Paesi diversi dal loro, per continuare gli studi. È un progetto che, peraltro, vogliamo portare avanti anche con altre realtà associative, prima fra tutte quelle afghane. Questo perché crediamo molto nelle sinergie con altre realtà per la realizzazione di un progetto. Alle volte, vi sono più attori che si occupano del medesimo progetto, quando invece sarebbe più utile ‘fare rete’: un network, per l’appunto”.

Cosa vi aspettate dall’esperienza di questo corso come docenti e cosa, a suo avviso, si aspettano a loro volta gli studenti?

“Di imparare reciprocamente. Una cosa che mi rimarrà sempre impressa è stato quando, durante una giornata del corso, i docenti provenienti da Usa, Europa, Medio Oriente e Africa, si ringraziavano tra loro per aver appreso reciproche informazioni relative alla prassi e legislazioni dei rispettivi Paesi di provenienza. Credo che questo debba essere lo spirito della vita: volgersi a essa per imparare sempre. Ecco perché questa scuola, che mette in contatto non solo saperi, ma anche esperienze di mondi diversi, vuol essere un ‘laboratorio’, in tal senso.  Penso che lo sia, anche per gli studenti. Io lo vedo, per esempio, da come si confrontano tra loro nei vari gruppi di lavoro: ognuno esprime non soltanto le proprie conoscenze, ma anche le proprie esperienze di vita.  Spero anche che molti possano rimanere in contatto, tra di loro e con noi del network. Quello che vogliamo creare è un network di studenti che possa integrarsi nel lavoro che stiamo già facendo”.

Quali sono le iniziative in calendario per il 2021?

“Tante. Per avere una ‘scaletta’ possiamo già ora elencare i seguenti appuntamenti: subito dopo la ‘Autumn School’ partirà, a novembre, la seconda edizione della ‘Settimana Accademica’; il 25 ottobre saremo presenti alla IV Conferenza internazionale in Nigeria sulla ‘Safe Schools Declaration’, attraverso un evento che vede coinvolti giovani artisti e musicisti della Cpm – Music Institute di Milano, membro del network; a dicembre, inoltre, vi sarà un evento relativo all’Afghanistan su cui stiamo lavorando; nel contempo, stanno andando avanti i nostri lavori di ricerca accademica che riguardano le linee guida europee sul diritto internazionale umanitario e la Safe Schools Declaration. Si tratta di eventi e iniziative assai impegnative, a cui co stiamo tuttavia dedicando con grande convinzione, per non dire entusiasmo”.