Una gran donna e una collega meravigliosa, di primissimo livello, che di recente ha dato alle stampe un libro di aforismi a dir poco geniali nel tratteggiare una società, quella italiana, sempre più immersa tra i paradossi dell’assurdo

Rosanna Marani è stata la prima giornalista ad affermarsi in un settore per lungo tempo precluso alle donne: quello del giornalismo sportivo. Dopo di lei, nulla fu più come prima. Io stesso, all’inizio del mio percorso professionale, frequentavo redazioni in cui la presenza femminile era ridotta al minimo, o relegata in settori specifici, come il costume o la moda. Ma nel breve volgere di qualche lustro, anche le redazioni romane si riempirono di ragazze pronte ad affrontare il mondo. Un merito indiscutibile, un coraggio senza pari, che l’hanno vista recentemente insignita del prestigioso ‘Ambrogino d’oro’. Senza dimenticare, ovviamente, l’onorificenza ricevuta antecedentemente di ‘Cavaliere dell’ordine al Merito della Repubblica italiana: “Per avere aperto la strada alle donne ad una professione, quella del giornalismo sportivo, a loro preclusa prima del suo avvento”.

L’amore per la nostra professione l’ha via via portata a condurre trasmissioni televisive seguitissime, in cui ha incontrato e intervistato tutti i più grandi campioni dello sport italiano e internazionale. Una carriera costellata di scoop meritatissimi, voluti e realizzati con grande tenacia e professionalità. Il suo lavoro e la sua firma hanno a lungo dato lustro a giornali importanti, come la ‘Gazzetta dello sport’ – la mitica ‘rosa’ – il ‘Giornale d’Italia’ e il ‘Resto del Carlino’, prima di vederla inoltrarsi in un mondo, quello dell’informazione televisiva, che negli anni ’80 del secolo scorso era ancora nella sua fase embrionale di sviluppo. Come nel caso di ‘Telemilano’, la prima rete televisiva della Fininvest. Un monumento del giornalismo italiano e un’eccellente ‘inviata’, che riusciva sempre a intervistare – a ‘portare a casa’, come si dice nelle redazioni ‘vere’ – chiunque, anche chi proprio non voleva ‘parlare’, come Gianni Rivera, oppure era considerato un personaggio difficilissimo da raggiungere come Rosa Bossi, la mamma di Silvio Berlusconi.

Un ‘pezzo di Storia’ del nostro giornalismo, che di recente ha riscoperto il valore della parola e della poesia. Già nel 2013 ha pubblicato una lirica, intitolata ‘Veglia’, che ha vinto la seconda edizione del premio di poesia ‘Alda Merini’. E adesso questo nuovo libro di aforismi, intitolato ‘Ti do la mia parola’ (L’Infernale edizioni), in cui si è scatenata in una serie di calembours e giochi di parole illuminanti e geniali, a dimostrazione di uno ‘spirito’ creativo di primissimo livello. Perché quando Rosanna si mette in testa di fare qualcosa, lo fa sempre al meglio, con una grinta e una professionalità che, oggi, non troviamo più da nessuna parte. Ma proprio da nessuna parte…

Rosanna Marani, prima di ‘infilarci’ in una gara di aforismi, vorrei parlare dalla tua gatta, molto simile alla mia, per chiarire ai lettori cosa significa incontrare un amore così puro: quello di un animaletto affettuoso, pulitissimo, che non fa il ‘territorio’ come nel caso dei felini maschi: confermi?

”Confermo. Poppy, la mia coinquilina tricolore e bipolare, mi permete di assistere a uno spettacolo continuo e quotidiano: la pura essenza dell’animalità. Solo nello sguardo di un animale si può leggere la lealtà, poiché un animale è puro, non avendo il pregiudizio di sé”.

Perché un libro di aforismi?

”Mia figlia Giulia mi domandò, un giorno in cui era particolarmente riflessiva, di pensare a lei, giacché immaginava si sarebbe sentita sola, senza alcuno da interrogare e da cui ricevere risposte per le sue domande, dopo il mio… ‘trapasso’. Le chiesi, perciò, a quali domande avrei dovuto rispondere fino a che fossi stata in tempo. Lei replicò: ‘Risposte sulla vita, mamma’. Ecco, diciamo che, con queste riflessioni, con questi aforismi, con questi calembours, con questi giochi di parole, le sto lasciando un prontuario post mia dipartita, sperando di accontentarla”.

Ma non siamo già assediati da forme di sintesi che non spiegano nulla e tendono a semplificare la complessità del mondo di oggi?

”Oggi, più che altro siamo assediati da un muro di parole ‘vagolanti’ nel disordine, sia di grammatica, sia di contenuto: altro che sintesi! Parole ignoranti e martellanti, che dicono nulla e che diventano slogan di facile apprendimento. Pochi, pochissimi ormai, si occupano della curanza della parola stessa. Nella società della fretta, della superficie, l’aforisma, come una freccia, colpisce e svela il cuore del pensiero per coloro che sono golosi di sapere. Credo che la parola sia un amo, il pensiero la lenza e l’emozione la preda. E sono convinta che la parola esprima il nostro pensiero; che il nostro pensiero esprima il nostro essere; che il nostro essere esprima la nostra sensibilità; che la nostra sensibilità esprima il nostro sentimento; che il nostro sentimento esprima il nostro stile. Dunque, il nostro stile esprime la nostra parola. Siamo circondati da inetti e ignoranti, da imbecilli della peggior specie, da autentici analfabeti. Ciò che loro non capiscono, poiché privi di intelligenza emotiva, di profondità di pensiero e di ricchezza di linguaggio, è un attentato alla propria mediocrità. Sono confusi, irritati, in quanto fugge loro il significato intrinseco della parola stessa. Allora aggrediscono verbalmente, per farci sapere che, se non l’hanno capita loro, la riflessione non vale un acca, per far tornare rasoterra, ovvero la loro dimensione, qualsiasi volo pindarico”.

Quindi, secondo te, l’aforisma è una sintesi logica dotata di sostanza, mentre il propagandismo politico di oggi non ne ha?

”Dici bene: propaganda. E per la propagando occorrono non militanti, ma ‘militonti’: questo penso. Sarebbe auspicabile riappropriarsi del linguaggio e della sua valenza. Oggi, si usa una minima varietà di vocaboli. Vanno per la maggiore: truffatore, turlupinatore, bugiardo, frodatore, corruttore, corrotto, ladro, spergiuro. La parola assume una responsabilità etica, nella profondità del suo significato. E se chi la proferisce ne carpisce il significato, ma non lo onora poiché ne abusa, commette già peccato di amoralità. Infatti, è la parola stessa che definisce qualsivoglia funzione e l’associa alla sua precipua etica. Sacerdote a carità, politico a onestà, per esempio. Quando il sacerdote si corrompe, quando il politico si corrompe, corrompe la parola stessa e la sua funzione, delegando alla propria furbizia meschina il suo non valore, deprivandola, appunto, della sua responsabilità etica”.

Siamo forse tornati al ‘sinistrese’, alle parole utilizzate come ‘gusci vuoti’?

”I confini del nostro mondo sono i limiti del nostro linguaggio. E parlare senza assumersi la responsabilità del significato della parola che si pronuncia, è mera esibizione di sterile vaniloquio, che inficia ogni nostro rapporto civile e sociale. La conseguenza è il diffondere e far radicare un pensiero ignobile, povero di contenuti, che si manifesta con il linguaggio ignobile, scarno di vocaboli, che conduce all’azione ignobile, priva di morale”.

Dio esiste, ma ha una colpa ben precisa: arriva sempre in ritardo. È un mio aforisma: cosa ne pensi? Ho talento? Posso migliorare?

”Oh, sì! Basta, per me, applicarsi alla lettura dei quotidiani: il giro dell’immondo in 80 minuti, fonte perenne di ispirazione”.

Sei femminista, animalista e vegetariana: a destra potrebbero pensare che sei una ‘radical chic’, è così?

”Non so se sono ‘radical’, né se sono ‘chic’. So che le etichette si mettono ai barattoli non alle persone. So di essere il risultato di addizioni, di attimi, di sottrazioni, di errori, di moltiplicazioni, di illusioni, di divisioni, di emozioni. Godo della libertà di essere me stessa come frutto della disobbedienza agli schemi imposti, della ribellione all’ipocrisia dei vincoli, consapevole di aver corso il rischio di averla, la libertà, come sola compagna, al tramonto della mia vita. E sono certa che la libertà individuale si ottenga raggiungendo un buon stato di asocialità personale”.

La maglietta di Maradona: ce la spieghi? Una sorta di cimelio del più grande talento calcistico di tutti i tempi?

Per i miei 70 anni, Diego Armando Maradona ha voluto farmi un regalo speciale: la sua maglia. E me l’ha fatta recapitare con la sua dedica. Lo intervistai per Tmc, travestendolo da Babbo Natale. E quella intervista fu ripresa da mezzo mondo. Si prestò gratuitamente e volle, per compenso, solo il costume rosso”.

Però non hai visto chi e cos’era, in campo, Paulo Roberto Falcao: l’intelligenza al potere…

”Certo che l’ho visto: apprezzato e intervistato”.

Non ti pare che esistano, in Italia, numerosi ed eccessivi problemi antropologico-culturali?

”Stiamo vivendo un periodo orrendo, o almeno questa è la mia percezione. In fondo alla luce c’è un tunnel da percorrere. Siamo immersi nella rete, risucchiati anima e corpo. Costantemente connessi alla solitudine virtuale e perennemente disconnessi dalla nostra presenza reale. Viviamo vite immaginarie e immaginifiche. E la rete è spesso, troppo spesso, tale a un teatro di periferia, dove si esibiscono ‘guitti’ senz’arte né parte, che interpretano, giulivi e beoti, la squallida rappresentazione della loro meschinità. ‘Postano’ notizie false, tese soltanto a reiterare la grettezza e la pochezza dell’umanità in innumerevoli, compulsive, condivisioni di fradiciume di un pensiero nemmeno originale, ma scopiazzato l’uno dall’altro, per dimostrare di esistere, accodandosi alla vigliaccheria di una tremenda ‘catena sporca’ di senso di vita. Manca, a costoro, scimuniti tra i più scimuniti, il pavimento della cultura, della sensibilità, del raziocinio e della responsabilità di appartenere al consesso umano. Ma invece di ‘picconare’ la terra e pavimentarla con pensieri che siano pensieri e non sputi di parole, camminano sul tetto sconnesso dell’ignoranza, completamente fieri di sé. Il risultato è che la società si ritrova allo sbando. Non offre esempi di modelli morali. La crisi economica, lo spettacolo da basso impero offerto dai politicanti, l’abbrutimento dell’estetica della coscienza e il degrado dei costumi suscitano, sommuovono, aizzano solo i bassi istinti. E così i più deboli e indifesi sono massacrati, anche fisicamente. Mogli, bambini, animali: non c’è differenza alcuna, tra le vittime. Creature che non sanno difendersi, che non hanno antidoto alla rabbia di quei bruti. ‘Feccia’, poiché individui o uomini non possono essere chiamati, che sanno, inoltre, di poter farla franca. Tutto parte dall’esilio della cultura: è la cultura il ‘diaframma’ che separa il bene dal male. Il bene, ovvero la bontà, nasce dalla bellezza. E la bellezza è, di per se stessa, etica. La vita come opera di bene, capolavoro dell’uomo, sacra nel suo significato, dovrebbe essere il risultato della sensibilità acquisita dalla cultura, che è bontà, che è bellezza, che è etica. Ma la vita, oggi, vale solo per chi ha quattrini, al fine di acquistarla. Già: la vita, oggi, noi l’abbiamo messa in saldo”.

E’ stata la ‘rete’ a farci approdare a tutto questo?

“Credo sia così. La ‘rete’ permette anche al ‘cretino’ di fare carriera. Quando si esprime abborracciando l’aborto di pensiero con senso sgrammaticato e incompiuto, egli è ai ceppi di partenza. Ascende a un gradino, quello dell’imbecille, quando tenta di spiegarsi. E assurge alla vetta, quella dell’idiozia, quando si azzarda a rispondere. Il cretino non si accontenta mai: vuole la conferma della sua oscurità intellettiva esibendosi in un triplo salto mortale, poiché inconsapevole di non poter far di conto sulla rete del pudore e sul paracadute dell’intelligenza. La rete, che offre asilo gratuito a tutti, anche a coloro che nulla hanno da dire e lo dicono malissimo, ha mostrato, ancora una volta, il peggio del peggio di noi stessi. Lo squallore del non pensiero di chi fomenta l’odio, di chi solletica gli istinti stercorari della massa: solo un groviglio di tubi digerenti inneggianti al razzismo, allo sfregio della morte, che è silenzio e dolore, dimostrando un livore arrogante, pretestuoso e presuntuoso, come brandello di un ‘Io’ che non esiste, esibito ad alibi che dimostra e mostra la propria meschina, inutile, vita. Sono la prova evidente di una mia riflessione: c’è chi ci mette la faccia e c’è chi ci mette la feccia. A loro, il mio dispregio più totale, per quello che importa”.

Un ultimo aforisma, a cui vorrei che rispondessi per le rime: l’Italia è una cinquecento ‘scassata’ dotata, tuttavia, di freni potentissimi…

“L’Italia s’è destra! Oggi, il degrado alberga nell’inciviltà della maleducazione dell’uomo, che sia cittadino o che sia governante. Accomunati dalla volgarità del loro comportamento, sia individuale, sia collettivo. Ergo, la massa acefala è paragonabile alla casta politica nullafacente. Il degrado è deteriorata disarmonia, è arrogante disordine, è abominevole incuria dell’anima genetica e sociale. Il problema della politica è che, oggi, abbiamo una sinistra ‘ambidestra’ e una destra ‘sinistrorsa’. E tutte e due usano entrambe le mani per distruggere le speranze del nostro Paese. Si fanno sentire a mano a mano che si avvicinano le elezioni, hanno la mano pesante per imporre le loro arroganti tasse, hanno le mani in pasta per spartirsi le prebende, hanno le mani lunghe per afferrare le bustarelle. Se ne stanno con le mani in mano spesso e volentieri di fronte ai nostri problemi urgenti e fondamentali di sopravvivenza. Non danno una mano ai cittadini, formano spesso Partiti e movimenti di seconda mano, sono abilissimi nel far man bassa di ogni valore democratico, mettono le mani avanti quando sono ‘beccati’ con le mani nel sacco o si fanno prendere dal delirio di onnipotenza. Vengono alle mani tra di loro per affermare una presunta supremazia e danno, con la loro inettitudine, l’ultima spinta al compimento del degrado dell’Italia, incapaci di cedere la mano alla democrazia. E nonostante se ne lavino le mani, non riescono a mantenere le mani pulite. Noi cittadini siamo fuori mano dal loro percorso e col cuore in mano, possiamo solo mandarli a ‘quel paese’, mentre ci mangiamo le mani per la rabbia o ci mettiamo le mani nei capelli per la disperazione. E ci chiediamo, sconsolati ma non arresi, rivolgendoci al cielo: ‘Ehi, da lassù, che ce la date una mano?’ Se non recuperiamo l’etica e la morale, la rinascita della società, non ci sarà mai. Solo tramonto per i nostri giovani, che sono all’alba della loro vita. Noi, anziani, siamo colpevoli di immobilismo. È la pratica dell’etica che conduce una società alla presa di coscienza e di responsabilità della sua condotta e che regolamenta le convivenze. Dunque, è quella pratica che ci si attende dalla politica onesta; dunque, è quella pratica che ci si attende dai media liberi; dunque, è quella pratica che ci si attende da un governo attento ai bisogni materiali e spirituali di coloro che governa. È l’etica ciò che indirizza la morale dei cittadini. Insomma, uno ‘specchio’ in cui il cittadino che si sente tutelato sia dalla trasmissione di valori espliciti, che contraddistinguono ed esaltano la cultura del bene comune, sia dalla equità e dalla giustizia nell’applicazione delle leggi, riflette a sua volta il proprio comportamento personale. L’etica necessita di modelli incorruttibili a cui ispirarsi e in cui ritrovarsi; la morale, invece, è la guida personale che insegna all’individuo diventata persona, a seguire quel modello. Dunque, se il modello è un esempio furbo, cialtrone, ipocrita, laido e di mero potere, chiaro che l’emulazione della mediocrità, esibita e solo apparentemente vincente, spinge l’uomo ad applicare la strategia del ladro per non sentirsi derubato”.

Insomma, siamo di fronte a un vero e proprio ‘tracollo’ sociale?

“E’ sotto gli occhi di tutti. Io non posso dimenticare le colpe dei  media che ci vengono propinati. Giustappunto i reality, le isole, i grandi fratelli e la rete. Persa la ‘buona scuola’, latitante la ‘buona famiglia’, scomparsa la ‘buona società’, rinnegata la nostra ‘buona politica’, la nostra maestra analfabeta resta la maleducazione. Oggi, vige il niente e nel niente: ci si annulla. Noi esseri umani abbiamo perduto la nostra unicità, ci spalmiamo in questo nulla, facendo marmellata di qualunque vibrazione, seppur negativa, dell’anima. Siamo diventati campioni di pigrizia mentale, livellati dalla pochezza del linguaggio, incitati solo dalla vanità dell’immedesimazione in questo ‘peggio’ propinato dai media e dai social, che ci inducono al coma del pensiero. Crediamo vera una realtà verosimile, quella che mostra una indecente gara al peggio, dipanata su un palcoscenico virtuale, dove i protagonisti sono smidollati, svaccati, rozzi, ignoranti bipedi. Figure anonime, spesso, che non hanno alcuna connessione col cervello: un organo ormai atrofizzato, che lascia campo libero alla volgarità del vivere, alla banalizzazione dei sentimenti, allo sfruttamento delle smanie di esserci sotto il cono di un qualsiasi riflettore. Chi ci guadagna su tale degradante spettacolo se la ride, mentre la collettività si appiattisce e gli annoiati delinquono. Perché anche seguire il gregge, è delinquenza, seppur intellettuale. Caro Vittorio, ogni giorno si tocca con mano il peggio dell’uomo: non resta che la caparbietà di continuare a combatterlo”.

Qualche aforisma dei tuoi, adesso: ti va?

”Boria: cercare l’ego in un pagliaio. Egocentrismo: essere trafitti da un colpo di sono. Presidente americano: Trump l’oeil. Modaiolo: non avrai altro Dior al di fuori di me. Politica: sbagliando s’impera. Adulterio: Non c’è due senza tre. Guru napoletano: Sai Babà. Eolico: giramenti di pale. Cyberspionaggio: cavallo di Trojan. Spam: meglio tardi che mail. Internet down: bandiere a mezz’ hashtag. Inquinamento ambientale: molto tumore per nulla. Politica: avere le mani in casta. Le parole della politica? Le ultime parole fumose. Politici condannati: poco fumus (persecutionis) e tanto arresto. È buona norma imparare a farsi morti con coloro che non si fanno vivi. Poligamia: non badare a spose….”.