Roma Jazz Festival 2019: icone come Archie Shepp, Abdullah Ibrahim, Dave Holland, Ralph Towner, Carmen Souza o Gary Bartz ed interessanti esponenti della nuova scena dal 1° novembre al 1° dicembre a Roma per l’edizione  intitolata  No borders. Migration and Integration

Presentata all’Auditorium Parco della Musica, con la partecipazione di Aurelio Regina, Presidente della Fondazione Musica per Roma, José R. Dosal, Amministratore Delegato della Fondazione Musica per Roma, Mario Ciampà, Direttore del Roma Jazz Festival, l’artista Alfredo Pirri e i musicisti Gabriele Coen e Luigi Cinque, la 43° edizione del ROMA JAZZ FESTIVAL.

La manifestazione si svolgerà dal 1° novembre al 1° dicembre (con il contributo del MIBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la produzione di  IMF Foundation in co-realizzazione con Fondazione Musica per Roma) presso lo stesso Auditorium, la Casa del Jazz, il Monk e l’Alcazar. Ogni anno il festival è stata caratterizzato da un tema e quello della prossima edizione è No borders. Migration and integration. Una constatazione ed un’analisi su come oggi la musica jazz, nelle sue ampie articolazioni geografiche e stilistiche, rifletta una irresistibile spinta a combattere vecchie e nuove forme di esclusione.

Nato come reazione a fenomeni drammatici, come la tratta degli schiavi africani nelle Americhe e le conseguenti discriminazioni razziali, il jazz è un linguaggio universale, uno straordinario serbatoio di risposte creative alle domande e alle tensioni continuamente suscitate da tematiche come confini, migrazioni e integrazione. Fra l’affermazione di una nuova generazione di musiciste che rompono le discriminazioni di genere, le sperimentazioni di inedite ibridazioni dei linguaggi e la riflessione sul dramma delle nuove migrazioni, il messaggio del Roma Jazz Festival 2019 è che possiamo comprendere il concetto di confine solo se accettiamo anche la necessità del suo attraversamento.

In sintonia con il tema l’artista Alfredo Pirri realizzerà un’installazione visitabile dal 1° al 30 novembre che ha ispirato il visual del RJF2019. Una struttura dal telaio in ferro e pannelli colorati di plexiglass che dividerà in due la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica,  simbolo del concetto di muro e di confine ma dal senso ribaltato. L’opera di Pirri sarà una barriera luminosa e trasparente, continuamente attraversabile dal pubblico,  che trasformerà il concetto di muro nell’evocazione poetica di un rito di passaggio. Durante il corso del festival, l’installazione sarà elemento attivo di una serie di eventi musicali che la trasformeranno in una vera e propria cassa di risonanza. L’opera rientra nel ciclo Compagni e Angeli (parole tratte da un brano dei Radiodervish – gruppo che aprirà il festival – ispirato a una lettera di Antonio Gramsci) che il celebre artista cosentino ha realizzato per Roma, Turi (Bari) e Tirana in Albania nell’ambito di un programma di cooperazione trilaterale fra Italia, Albania e Montenegro.

Tanti gli ospiti della manifestazione che dal 1° novembre al 1° dicembre 2019 animerà la Capitale con 21 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica, la Casa del Jazz, il Monk e l’Alcazar. I nomi sono tutti di rilievo   e comprendono vere e proprie icone della storia jazz fra le quali Archie Shepp, Abdullah Ibrahim, Dave Holland, Ralph Towner e Gary Bartz, ma anche i più interessanti esponenti della nuova scena come Kokoroko, Moonlight Benjamin, Donny McCaslin, Maisha e Cory Wong, in grado di far scoprire il jazz alle generazioni più giovani. Le grandi protagoniste femminili come Dianne Reeves e Carmen Souza al fianco dei talenti più recenti come Linda May Han Oh, Elina Duni e Federica Michisanti. Le esplorazioni mediterranee e asiatiche dei Radiodervish, Tigran Hamasyan e dell’ensemble Mare Nostrum con Paolo Fresu,Richard Galliano e Jan Lundgren da un lato e le contaminazioni linguistiche di Luigi Cinque con l’Hypertext O’rchestra dall’altro.

Il batterista anti-Trump Antonio Sanchez e il suo jazz ai tempi del sovranismo e la nostalgia migrante raccontata in musica dalla Big Fat Orchestra. Il tributo a Leonard Bernstein di Gabriele Coen e il pantheon jazz evocato da Roberto Ottaviano. Insomma, un festival di spessore e dalle mille sfaccettature che si preannuncia davvero interessante e da scoprire giorno per giorno.

crediti foto@Ufficio Stampa Roma Jazz Festival