Paul Weller ha pubblicato Saturn’s Pattern, il suo 12esimo album registrato nei Black Barn Studios di sua proprietà.

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È un disco poliedrico, dal sound consistente, che varia da accenni metal, al rock, passando per la musica psichedelica. In realtà, tutto questo è frutto solo del suo sperimentare: "Volevo un grande suono di batteria, movimento e molto ritmo. Ho semplicemente sperimentato e osservato quello che ne è venuto fuori. Avevo 7 o 8 pezzi pronti, ma non volevo fare album con un approccio tradizionale così li ho messi da parte e sono ripartito da zero. Ero concentrato sul fare buona musica e non su quale genere dovesse rispecchiare".

 

These City Streets è dedicata a Londra, città d’adozione per Weller, che l’ha accolto quando aveva 18 anni e a cui è molto legato: "Quando sono arrivato a Londra tutto sembrava propagarsi: la musica, la moda, mi sembrava il posto in cui potevo essere me stesso e fare quello che volevo. Ovunque andassi a Londra c’era sempre qualche cosa che aveva un riferimento storico importante. Spesso quando passeggio penso ai Beatles che magari hanno fatto la mia stessa strada o si sono appoggiati allo stesso albero. Tuttora subisco il fascino di questa città, credo sia perché vengo da fuori, mi è rimasto l’occhio forestiero".

Il titolo Weller l’ha scelto per il suono e non per il significato, anche se uno “schema di Saturno” esiste veramente. Le canzoni parlano del passato, dell’alcolismo ormai sconfitto e di una sua nuova serenità come lui stesso afferma: "Penso che il mondo sia triste, non volevo fare un disco deprimente, volevo fare un disco che esprimesse positività".

Presentando il disco alla stampa lascia spazio ad una lunga riflessione sulla musica contemporanea parlando di quale e quanta importanza avesse qualche decina d’anni fa: "Oggi è tutto mediato, il modo in cui apprendiamo le notizie, il modo in cui reagiamo, più sintetico e veloce. Sulla scena culturale la musica non è più così importante come una volta, i giovani hanno svariate altre cose che li possono intrattenere, quando ero piccolo c’era la moda, il calcio e la musica. L’insieme di queste tre cose culturalmente ti definivano. Oggi c’è internet, i social media. Forse non c’è la volontà di mettersi d’impegno o forse non ne abbiamo il tempo per produrre cose di qualità, mancano testi che raccontano la storia, voglio precisare che non sono io da vecchio babbione che critico un ragazzino, ma i testi di Ed Sheeran, per esempio, fanno abbastanza cagare".