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È indubbiamente uno dei personaggi del momento e come poteva essere altrimenti, considerando l’indiscutibile fascino di Mika, giudice di X Factor Italia, coach di The Voice of France e ovviamente cantautore.

Dopo (ma anche durante) le estenuanti avventure televisive, Mika torna dunque al suo amore più grande, la musica, con un album di inediti – No Place in Heaven – a tre anni di distanza dal precendente The Origin of Love. Di fronte ai giornalisti accorsi per la presentazione dell’album, Mika si siede su uno sgabello con il suo completo rigorosamente eccentrico ed esordisce confessando quanto sia nervoso e nostalgico, perché il momento in cui presenti un album corrisponde un po’ a quello in cui te ne separi per condividerlo con il pubblico.

 

Mika: la ricerca dell'autenticità e la scomparsa delle 'metafore'

“La differenza tra questo album e The Origin of Love? È una sorta di rottura. – ci spiega il cantante – Ho voluto fare una cosa molto lavorata, un album molto più trasparente, senza utilizzare una tecnica creativa, analogie o metafore per nascondere la mia storia personale. È quindi un album molto intimo e nello stesso tempo molto pop”.

Non lasciatevi trarre in inganno dal titolo: No Place in Heaven (Nessun posto in Paradiso) è infatti per Mika un’espressione di gioia, corredata dalla variopinta copertina dell’album, ispirata al futurismo italiano.

“Non è un titolo triste – commenta Mika ridendo – perché io non sto cercando un posto in Paradiso. Se c’è un posto per me, va bene. Se non c’è, va bene lo stesso. Sono contento dove sono, fa un po’ parte della mia cultura orientale e libanese. C’è sempre questa paranoia della vergogna, non si parla delle proprie cose intime in pubblico. Per me scrivere un album intimo era anche un modo per buttare fuori questa paranoia. L’album parla quindi di libertà, dell’adulto che voglio diventare. È sempre più interessante parlare della persona che vogliamo essere piuttosto che di quella che siamo”.

Queste 17 tracce sono dunque per Mika una vera e propria liberazione, una catarsi che spazia dalla sessualità all’amore, passando per il focolare domestico. Una rilettura di sé alla ricerca dell’autenticità, perché bisogna avere “il cuore leggero e la testa seria e tutte e due le cose devono funzionare perfettamente”.

Ritroviamo questa autenticità in brani come Good Guys, canzone ispirata ai ‘miti’ di Mika (tra i tanti, Walter Whitman, James Dean, Andy Warhol e Jean Cocteau), che per lui rappresentano “l’antisnobismo, una qualità profondamente controcorrente”: “Sono persone che hanno cambiato la direzione del vento in un modo o nell’altro, hanno preservato sempre un alone di mistero” commenta Mika, che tra gli italiani sceglierebbe Dario Fo come ‘membro’ dei good guys, “anche se non sempre è buono”. In All she wants, invece, Mika si rivolge alla madre che – sebbene orgogliosissima di lui (tanto da impegnarsi a scegliere per il figlio gli outfit adatti) non ha mai nascosto di aver voluto per Mika una vita più tradizionale, con una moglie e una famiglia con cui trascorrere le domeniche a pranzo.

“A 14 anni ho capito che non era la vita che volevo. – ci racconta Mika – Avevo iniziato a lavorare a 11 anni e questo ha cambiato un po’ la mia vita. Mia mamma al 90% è orgogliosa di me, ma c’è un 10% che ancora vuole un figlio più tradizionale, con una moglie”.

 

Nell’album spiccano poi alcuni brani in francese, con cui Mika si cimenta senza problemi. Tutt’altra storia cantare in italiano, che l’artista ammette essere “difficilissimo”, al punto da non provarci neanche. L’impronta italiana c’è però in qualche collaborazione nella fase di produzione dell’album (con Lucio Fabbri e Benny Benassi, tra gli altri) e lo studio di Eros Ramazzotti, in cui Mika si è rifugiato dopo essere fuggito dal caos dei Conway Studios a Hollywood e dopo l’esperienza (esilarante) nella casa di Orlando Bloom, affittata senza sapere che appartenesse proprio al celebre attore: “Ogni 45 minuti c’era un autobus fuori e turisti italiani, francesi e giapponesi. Quando registavamo nel salone, si sentiva la presentazione dall’autobus, ‘Signore e signori, ecco la casa di Orlando Bloom’. L’avevo affittata per caso. Poi lui ha i capelli un po’ come i miei ed è alto, per cui quando andavo a correre gridavano ‘Salutate Orlando Bloom!’. Vaff****lo (ride, ndr)”.

Preparandosi per un tour molto pop ma senza led e accessori ‘fasulli’ – che a Mika non piacciono ed è stato molto categorico sull’argomento – il cantante si abbandona poi a qualche considerazione sulle sue esperienze televisive e sui suoi colleghi (o ex colleghi) di lavoro, in particolare Morgan e Fedez.

“Sono stato in studio insieme a Morgan. Nel contesto e con tutta la pressione di X Factor è stata una cosa difficile da gestire. – ci rivela Mika – Quando invece sono stato in studio con lui ho visto una persona senza pressione, un ragazzino che giocava con tutti gli strumenti, con una grinta e una gioia pura, senza giochi di parole. Quindi mi piacerebbe fare qualcosa con lui, ma solo se siamo separati da tutto. Abbiamo provato già ad adattare una canzone che adesso è nel suo album, Andiamo a Londra. Io l’ho scritta originariamente in inglese, lui l’ha presa e l’ha trasformata”. Mika definisce invece Fedez “una persona che lavora tanto con tanta voglia di fare tante cose, che deve gestire il fuoco che ha dentro quando parla di musica e politica”.