Ad un primo, superficiale  ascolto “Open” (City Slang) potrebbe apparire un album  di stampo minimal, tipico di quella corrente sonora che ha come principale fonte d’ispirazione la musica classica  senza, però, condividerne gli eccessivi orpelli. Quella, per intendersi, che vede nel grande compositore belga Wim Mertens  (ma  anche nel nostro Luigi Enaudi) alcuni dei suoi principali interpreti.  Una similitudine, comunque, soltanto apparente anche se, in parte, giustificata, perché il presupposto dal quale partono Erol Sarp e Lukas Vogel (uniti sotto la sigla Grandbrothers) è completamente diverso rispetto a quello degli artisti prima citati. Erol è un ottimo pianista jazz, mentre Lukas è un costruttore di synth e, soprattutto, entrambi amano la techno e la musica da club.

Il loro intento non è, dunque, quello di creare musica che si adatti soltanto ad un ascolto rilassato (anche se in questo loro secondo album non mancano certamente momenti sognanti, ai quali abbandonarsi docilmente) e così si esibiscono in sale da concerto ma anche in club  dove le persone partecipano in piedi e ballando. Dal vivo, infatti, le contrapposizioni al centro del loro lavoro offrono uno spettacolo sorprendente tanto che la loro musica è stata descritta come “open heart surgery on a grand piano.”  Forse, se vogliamo trovare un riferimento più preciso, l’esempio da tenere in mente è quello dell’altro creativo duo formato da Ryuichi Sakamoto e Alva Noto, con la loro fusione quasi perfetta di elettronica rumoristica e classicismo minimale. Il tutto trasformato, nel caso dei Grandbrothers, però, in qualcosa di assolutamente gioioso e ritmico, in grado di trascinare menti e corpi all’unisono.

Dopo aver pubblicato un primo Ep, “Ezra Was Right”, che è valso loro la stima e il supporto di personaggi del calibro di Gilles Peterson, la formazione ha debuttato a Marzo 2015 con il full lenght di dodici tracce “Dilation” (2015). “Open”, il nuovo album, rappresenta, però, un notevole salto in avanti sia musicalmente che tecnicamente, perché i brani in “Dilation” erano più semplici mentre i nuovi sono sicuramente più intensi. Una sinergia, quella fra i due artisti, che funziona benissimo proprio per la loro diversità e capacità di adattamento  che si può apprezzare in tutto il lavoro tecnicamente innovativo ed emozionante del Grandbrothers: due menti perfettamente in sintonia che esplorano ininterrottamente nuove idee.

Tonino  Merolli