Il 3 giugno è finalmente uscito Furiology (Azzurra Music), il primo vero album da solista di Furio, che ha alle spalle ben 30 di carriera con i Pitura Freska e gli Ska-J. Un debutto importante, che prende vita in 10 tracce molto personali e che mostrano il fianco anche a un'inedita sperimentazione sonora. Ecco la nostra intervista.

Ciao Furio, iniziamo dal principio. Furiology è il tuo primo album da solista dopo una lunga carriera 'in compagnia'. Quando è nata l'esigenza di fare qualcosa di tuo? C'è sempre stata?
Erano anni che i miei amici e il mio pubblico mi chiedevano un album da solista. Un po' per scherzo e un po' per davvero c'ho provato. Ho scelto i collaboratori che reputavo i migliori nel campo e sono partito. Il risultato è migliore di ogni mia aspettativa e ne sono proprio contento. C'è sempre stata la voglia di fare musica però è anche vero che il fardello dei successi passati (leggi Pitura Freska e Ska-J) erano sempre da condividere con altri artisti e soprattutto sempre con gli stessi generi musicali. Lavorando da solo non mi sono posto questo problema, ma ho pensato solo di fare il meglio che credevo.

Com'è nato quindi questo album? Sono canzoni che hai nel cassetto e a cui lavori da un po' o è frutto di ispirazioni recenti?
Solo i pezzi reggae (e neppure tutti) erano pezzi tenuti nel cassetto, il resto è stato scritto di getto pensando a delle possibili collaborazioni con artisti della mia generazione che poi non hanno partecipato. Avevo pensato a Skardy per i pezzi reggae-lover (Cosa Fa L'Amore), Bunna per i pezzi reggae (Fradei) e Frankie Hi-nrg e Caparezza per i pezzi funk-dance (Molesto, Orietta Berti, Carico e Stasera). Non hanno voluto partecipare per diversi motivi, e alla fine è stato meglio perché mi ha costretto a fare un ulteriore passo avanti.

Il titolo, Furiology, dà l'idea di essere stato scelto perché questo disco ti rappresenta a 360 gradi, è così che lo vivi?
Abbastanza. Soprattutto mi rappresenta dal punto di vista musicale, che non è solo reggae, ma dimostra di voler guardare la musica appunto a 360 gradi.

In parte ti sei allontanato anche dalle sonorità a cui ci hai abituato, com'è stato lavorare con suoni diversi?
Bellissimo. Togliersi il macigno dalla scarpa di musicista reggae è stata una grande soddisfazione. Come tutti i musicisti che si rispettino, amo tutta la musica anche quella che gli altri snobbano perché c'è del bello in tutto e di "bello" ci dobbiamo nutrire.

È un album, come dici tu stesso, molto autobiografico. Ti ha ispirato la tua città, ma anche l'attualità. Come nascono quindi i brani che troviamo in questo album?
Nascono osservando e parlando con altre persone, ricordando esperienze e persone passate, amori che non ci sono più, giovani di adesso e giovani di una volta. Nascono con una bella melodia orecchiabile che passa di mano in mano ai miei collaboratori che iniziano con un semplice arrangiamento, suggeriscono una melodia aggiuntiva, migliorano i suoni con la produzione vera e propria e miscelano il tutto con strumenti suonati.

Mi parli di Orietta Berti (di cui è tra l'altro da poco uscito il video)? Come mai l'hai scelto come primo singolo?
Ho fatto un crowdfunding di grande successo (197% del target raggiunto, 7886 euro contro i 4000 che avevo scelto come obiettivo) e una delle possibilità era di essere ospite a Radio 105. Con questi risultati ci sono andato e ho spedito due brani. Uno in italiano Carico e uno un po' in italiano e un po' in dialetto Orietta Berti. Ho lasciato scegliere a loro e è piaciuto molto il secondo brano che poi hanno trasmesso durante la puntata di smart-up. Spero solo che ora vada ancora molto in radio per essere ascoltata in tutta Italia.