Resta qui – L'Italia di Mino Reitano” è il primo libro biografico su Mino Reitano, scritto dal giovane autore Davide Beltrano che – insieme alla famiglia del compianto cantautore (moglie, figlia e fratelli) – ha raccontato Mino e le sue canzoni attraverso un punto di vista inedito: quello dei giovani. Perché la sua musica adesso è sempre più vicina alle nuove generazioni, le quali, vivono la tristezza dell’abbandono, della partenza dal proprio paese o città di origine, ma non solo. Il libro contiene un cd con il brano e il relativo video che danno il titolo al libro, mentre la canzone Resta qui è una composizione inedita interpretata dalla figlia Grazia e dedicata al padre.

Esiste una lacuna nella memoria del panorama musicale nazionale. Un oblio inaccettabile spesso sostituito da luoghi comuni e pregiudizi, nati per celare un mancato approfondimento a cui “Resta qui – L'Italia di Mino Reitano” pone oggi rimedio. La biografia nasce dalla consapevolezza di porre rimedio al colpevole "vuoto di memoria" collettivo dell'Italia.

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L’autore Davide Beltrano ci ha raccontato come è nata l’idea e in che modo è stato realizzato il progetto:

Come è nata l'idea di scrivere questa biografia?

L'idea nasce dalla voglia di raccontare un pezzo della mia Terra, la Calabria. Mino infatti è il rappresentante massimo di questa regione, è il figlio del Sud e con le sue canzoni ha descritto alla perfezione questo angolo di mondo. L'idea quindi nasce da qui e naturalmente dalla voglia matta di raccontare un pezzo di storia musicale italiana, insomma, una serie di fattori nati dal caos della mia mente.

Come hanno reagito all'inizio i familiari all'idea di realizzare una biografia e com'è andata avanti la vostra collaborazione?

Hanno reagito subito bene, erano tutti eccitati dall'idea del primo libro dedicato al loro Mino. Mi hanno aiutato sin dal primo momento con testimonianze inedite e con foto da repertorio uniche. Mi hanno seguito passo dopo passo e sono stati eccezionali nel lasciarmi libero di creare, hanno avuto tanta fiducia in me e nel mio editore Dino Vitola, e credo che alla fine possano anche loro ritenersi soddisfatti.

Quanto tempo hai impiegato per realizzarla?

Come ogni libro, la parte narrativa è venuta di getto: 60 pagine le avevo scritte in una notte sotto l'effetto dell'ispirazione più magica. Poi le testimonianze sono state più elaborate e quindi lì se ne sono andati un paio di giorni, ma in due mesi avevo tutto al completo. Non è stato un lavoro, ma una sorta di viaggio mentale nell'arte di Mino, un viaggio che mi ha reso migliore!

Cosa intendi precisamente per "vuoto di memoria"?

L'Italia è un paese strano: se ti prendi sul serio ti rispettano, se invece, come Mino, fai uscire fuori anche la parte più ironica e divertente, ti considerano un personaggio e non un artista. Ecco, su Mino c'è un vuoto di conoscenza, e perciò di memoria, perchè si dimenticano in molti ciò che ha fatto come cantante e quali traguardi abbia conseguito! Tutti vogliono ricordare il Mino burlone, quello che scherzava con Bonolis, che si lasciava prendere in giro nella varie trasmissioni: purtroppo si vive di tanti preconcetti in Italia e io con questo libro ho cercato solo di esaltare l'arte di Reitano, la sua arte sopra ogni cosa.

Le nuove generazioni difficilmente sono attratte dalla musica "vecchia". In che modo pensi di riuscire ad avvicinarli con la sua biografia? E in che modo sei riuscito a raccontare Reitano attraverso i giovani?

Oggi è proprio la musica vecchia ad essere di qualità. Io guardo i reality musicali, ma da lì mi accorgo che escono personaggi e non artisti. Basta avere un bel viso, una voce carina e subito ti creano il personaggio per vendere copie per un anno intero. Poi basta così perchè arrivano i nuovi che ti sovrastano. Non esiste gavetta per i nuovi artisti perchè vedo ragazzi che cantano da due anni e già si ritrovano davanti a mille persone in uno studio telecomandato. Allora così è tutto sballato, proprio per questo bisogna riscoprire le nostre origini musicali, anche perchè Mino Reitano è più attuale di un ragazzo dei talent, già, perchè Mino racconta il male di provincia come i rapper di adesso, il disagio, l'emigrazione, ma a differenza di loro lui lo faceva già quarant'anni fa, basterebbe solo questo per far appassionare i giovani.