Si evolve il sound dei toscani Perfect Cluster in questo nuovo album autoprodotto, intitolato “Flow”, che giunge a cinque anni dal precedente “Noise Pleasure” e dopo diverse esperienze live sia in Italia che all’Estero.

Gli undici brani raccolti nell’ottimo lavoro appena uscito costituiscono, infatti, una svolta decisamente più hard di un percorso musicale partito da una matrice “morbida” di natura ambient/sperimentale ed ora diretta verso un mood decisamente diverso, che si muove fra l’alternative rock, l’elettronica, l’industrial e il progressive. Come indica il titolo, “Flow”, si tratta di un flusso multiforme che rappresenta anche lo scorrere delle vite di ognuno, fra cambiamenti, crisi e rinascite. Evoluzione, comunque, naturale per una band che ha origine dalla curiosità di tre musicisti di estrazioni musicali profondamente diverse.

Riccardo Chiarucci (voce ed elettronica) proviene dal grunge anni ’90 di Pearl Jam e Soundgarden ma è attento al panorama elettronico dell’ultimo decennio, Luca Cecchi (chitarre elettriche e acustiche) fra umori blues e reminescenze anni ‘70 sulle orme di band come Led Zeppelin e King Crimson ed infine Ian Da Preda (vibrafono,  Xylosynth™, tastiere, batteria elettronica) che trae la propria ispirazione dal jazz, dal rock progressive e dalle colonne sonore cinematografiche, dividendosi tra Italia e Inghilterra dove collabora con alcuni prestigiosi esponenti della scena jazz londinese e con la band Mister Susan.

L’unione di queste tre diverse esperienze crea il sound specifico dei Perfect Cluster, spesso tellurico ed imponente, decisamente scuro  e metropolitano, con alcuni improvvisi  squarci di luce e dolci momenti acustici di quiete (“Slightly”) esaltati dal contributo vocale di Irene Pareti, coinvolta anche in molti altri passaggi di questo ottimo lavoro. Una traccia che mette in evidenza il ruolo assolutamente non marginale svolto, nell’attuale mood sonoro dei Cluster, dal vibrafono acustico (originale e decisamente caratterizzante), dalla chitarra acustica, da svariate tastiere vintage (Hammond, pianoforti elettrici) e dalla seconda voce femminile che allarga il respiro delle soluzioni vocali.

Articolo di Tonino Merolli