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È uscito il 28 aprile Pillole, l’album d’esordio – targato Warner – di Anagogia, nome d’arte di Marco Maniezzi, rapper classe ’93 che – tra collaborazioni, sperimentazioni e testi ‘duri’ – è riuscito a dar vita a un disco quasi d’altri tempi, un ritorno alle origini che sfida le leggi del mercato senza preoccuparsi di scalare le classifiche (anche se noi, ovviamente, glielo auguriamo).

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Sono 13 le tracce in cui Anagogia ha deciso di raccontarsi, criticando la musica come ‘prodotto’, senza mai tuttavia smettere di sottolineare il proprio apprezzamento per le sette note, una vera e propria droga per il rapper, che ci ha descritto il suo progetto in una lunga video-intervista.

 

Anagogia: "Odio il marketing, anche se è necessario"

A partire dal motivo per il quale ha scelto Anagogia come nome d’arte (“Devo mettermi un cartello, me lo chiedono tutti” scherza) al perché nei suoi testi si avverta così tanto l’avversità per il marketing.

“Non so se si capisce molto quello che voglio far capire. – prova a spiegarci – Dai miei testi di sicuro trasuda un odio per il marketing che c’è dietro la musica, perché vedo che viene venduta più l’immagine della musica stessa. È una cosa che non posso sopportare, perché non stiamo facendo moda. Credo che molte persone oggi siano così spinte da questa corsa all’oro, che quando vanno in studio partono pensando a ciò che piace agli altri e non a loro. Questo non è fare musica. La musica fatta col cuore si sente che è più bella di tutto il resto. Ammetto e accetto che non possa esistere musica senza marketing, non però che si metta il marketing al primo posto”.

Pillole: tante collaborazioni e qualche impensabile rifiuto

E lo sforzo per resistere alle imposizioni del mercato non è stato indifferente: lo si nota chiaramente dalla scelta delle collaborazioni che Anagogia vanta nel suo lavoro, da Ensi a Dj Slait, passando per Raige e Rise Beatbox. Basti pensare che il rapper ha storto il naso di fronte alla proposta di un duetto con Annalisa Scarrone, non per mancanza di stima, ma per una questione di identità: “È il mio primo disco, sarebbe sembrato come se mi presentassi davanti casa di una ragazza in Lamborghini. La prima volta ti presenti in Lamborghini, e la seconda volta cosa fai? (ride, ndr). Per il primo disco ho voluto chiamare gente che stimo, che conosco e che ha un buon rapporto con me anche a livello umano. (…) Ho bocciato la proposta di Annalisa Scarrone non perché non mi piacesse, anzi Annalisa è una delle poche cantanti che mi piace del genere pop, ma non la vedevo bene per il pezzo e chiamai Zuli al suo posto”.

Anagogia ci parla poi dei suoi punti di riferimento ‘musicali’ e di cosa ne pensa del panorama italiano del rap, non proprio apprezzatissimo.