Torna, dal 27 agosto al 4 ottobre 2025, la rassegna ‘I Suoni delle Dolomiti’ che festeggia i suoi primi trent’anni. In conferenza stampa anche Niccolò Fabi.
Una comunità. Un popolo di suoni. Un acceleratore di umanità. Uno stare insieme gentile. Un festival senza palcoscenico. Sono solo alcune delle espressioni con le quali, durante la conferenza stampa tenutasi al Muse di Trento, sono stati definiti I Suoni delle Dolomiti. L’apprezzatissima rassegna trentina, che vive di musica e natura ad alta quota, raggiunge in questo 2025 la sua edizione numero trenta. Un anniversario importante per il quale il programma propone nuove voci e graditi ritorni.
Dalla ‘prima musica’ ai suoni del futuro, questo l’ideale itinerario che si snoda dal 27 agosto al 4 ottobre 2025 tra le cime e le bellezze naturalistiche del Trentino. ‟Festeggiamo questo trentennale con la consapevolezza sia stata, già in origine, una proposta assolutamente pionieristica”, ha dichiarato il direttore artistico Mario Brunello. ‟Siamo orgogliosi, infatti, di constatare che eventi dichiaratamente ispirati ai Suoni delle Dolomiti siano nati in questi trent’anni un po’ ovunque. Dove ci sia la volontà di celebrare arte e natura”.
‟Non abbiamo voluto cambiare il format che questi anni ha dimostrato di funzionare bene”, ha aggiunto poi Brunello. ‟Ma visto il compleanno speciale abbiamo pensato a un inizio e una fine speciali”, affidati rispettivamente ad Alessandro Baricco – che il 6 giugno è protagonista del pre Festival – e a una residency conclusiva con tre concerti classici d’eccezione in Val di Fassa.
Un festival sempre più sostenibile e inclusivo
Nel mezzo un fitto calendario di appuntamenti (qui i dettagli) che si mantengono fedeli ai principi che da sempre sono il nerbo di una manifestazione ‟che ha coinvolto nei suoi trent’anni di vita oltre 900 artisti”. Così Maurizio Rossini, AD di Trentino Marketing, che prosegue: ‟protagoniste assolute sono le Dolomiti, non un semplice scenario su cui proiettare degli eventi. I Suoni delle Dolomiti sono un progetto di comunicazione e di turismo culturale e ambientale. E si è proposto di far crescere la consapevolezza delle persone sul modo attento, corretto, rispettoso, prudente, di affrontare le alte quote. E che ha coinvolto in tutti questi anni chi la montagna la vive in ogni stagione”.
Fedele a se stesso, sì, ma sempre più attento a sostenibilità e inclusività. A tal proposito merita una menzione speciale la presenza di una traduttrice nella Lingua Italiana dei Segni in occasione della stessa conferenza stampa. A buon diritto, quindi, I Suoni delle Dolomiti sono stati inseriti nell’European Festivals Association, prestigiosa rete internazionale che riunisce eventi di musica, teatro, danza e arti multidisciplinari di tutta Europa.
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Si tratta – ha spiegato Valentina Cappio, Responsabile Area Brand & Communication di Trentino Marketing – di ‟un riconoscimento importante. Che premia il nostro impegno nel proporre un palinsesto importante. Ma anche una montagna inclusiva, capace di accogliere tutti. Chi ha difficoltà motorie, chi vive con disabilità sensoriali o uditive, ma anche chi semplicemente cerca un approccio più consapevole e rispettoso alla natura”.
L’attenzione al presente e al futuro si declina anche in una sensibilità capace di cogliere nuove proposte musicali in linea con il trentennale progetto. È quanto ha fatto il concorso intitolato a Paolo Manfrini, figura storica del festival, premiando la band che meglio ha saputo esprimere i valori e la storia del Festival. Ad aggiudicarsi la vittoria Le Scat Noir (Natalia Abbascià, Ginevra Benedetti e Sara Tint), trio vocale jazz al femminile nato nel 2013 a Ferrara.
Niccolò Fabi per I Suoni delle Dolomiti
Presente a sorpresa alla presentazione dell’edizione 2025 de I Suoni delle Dolomiti, Niccolò Fabi ha raccontato il suo rapporto speciale con il festival di cui è stato protagonista in più di un’occasione e il Trentino. Proprio qui, infatti, è nato il suo prossimo album di inediti ‘Libertà negli occhi‘ registrato sul Lago dei Caprioli e in uscita il 16 maggio. Ed è proprio in una valle trentina, la Val di Sole, che il cantautore ha scelto di presentare per la prima volta live il disco (il 14 giugno alle 15, Località Palù a Vermiglio, ingresso gratuito).
‟Da musicista, da cantautore, posso dire che non credo di aver trovato nella vita un luogo più adatto, più confortevole, di quando per la prima volta ho scoperto l’esistenza di questo festival”, ha dichiarato Fabi. ‟È qualcosa di profondamente autentico, che ha a che fare anche con la mia natura personale e caratteriale. La montagna ha questa capacità: ridimensiona tutto, anche l’ego. E restituisce l’arte nella sua forma più pura. Non esistono più artisti e spettatori, ma si diventa una comunità: non c’è un palco, non c’è una scenografia”.
‟C’è un palcoscenico molto più grande di noi, molto più antico, che ci sopravviverà. E che forse, nelle nostre piccole canzoncine, troverà anche da sorridere. Ma è proprio su quei prati che ci sentiamo parte di qualcosa”, ha aggiunto. ‟Arriviamo tutti camminando, e allo stesso modo ce ne andiamo. Quel tempo di avvicinamento al momento musicale è un’intuizione geniale, anche se semplice”.
‟In un’epoca in cui tutto si consuma in fretta — la musica è a portata di mano, sui telefoni, tutto è immediato — dover prendersi due ore di cammino per raggiungere un concerto rende tutto molto più vero. Normalmente, quando si suona in teatro, ci vogliono almeno 10-15 minuti per entrare in connessione con il pubblico. Ognuno arriva dalle sue giornate, dai suoi problemi, dal traffico. Qui no. Quando inizia il concerto, inizia per tutti allo stesso istante. erché tutti abbiamo fatto lo stesso cammino fisico ed emotivo. Ed è questo che rende l’esperienza unica”.
Quando a contare è l’umanità
‟Credo che qualcuno abbia detto che sono il cantante che ha suonato più volte a I Suoni delle Dolomiti. E questo mi rende orgoglioso. L’ho chiesto io stesso di poterci tornare, perché qui trovo la mia dimensione perfetta. Ci sono artisti e linguaggi artistici che hanno bisogno di spettacolarità, di impianti scenici forti. Nel mio caso, è l’umanità a contare di più. L’assenza di palcoscenico, di trucco, di luci artificiali… tutto è autentico. Questo, forse, mi permette di dare il meglio di me”.
‟Non c’è alcuna protezione artificiale. Quando saliamo su un palco, siamo fragili. Certo, c’è anche un po’ di vanità, ma soprattutto trasparenza. Normalmente, il camerino, le quinte, ci aiutano a prepararci. Qui no. Su un prato, senza delimitazioni, hai il pubblico alle spalle, davanti, di lato. Non hai difese. E allora devi solo dare tutto te stesso.
‟Per questo, credo, non è un’esperienza adatta a tutti gli artisti. E credo sia giusto fare una selezione, non per snobismo, ma per rispetto. Si tratta soprattutto di dialogo naturale con la montagna. Alcuni lo hanno, altri no. E per alcuni può essere scomodo. Per altri — per me — è una meraviglia”.
Immagini da Ufficio Stampa