Carl Brave abbandona la trap per il tour nei teatri

Sta per partire il nuovo tour di Carl Brave, che, abbandonati sequencer e autotune, traccia la sua traiettoria centrifuga rispetto al rap.

Una delle traiettorie centrifughe che con lucido coraggio il rap italiano sta tracciando lontano da sé stesso. Lo ha fatto Achille Lauro a Sanremo, lasciando mezza Italia nel fastidio e l’altra metà innamorata. Lo ha fatto Coez in drammatico anticipo su tutti, inventando un futuro del rap che è diventato stile e influenza per tanti suoi colleghi.

Carlo, Lauro e Silvano, figli di una Roma “che c’hai ‘na sigaretta?”, una Roma smarrita e abbandonata, che in strada rimane vivace, popolana e stornellara. Guasconi caput mundi. Giovani spericolati che in un baleno hanno fatto razzia della classifica italiana, come si fa coi portafogli dei turisti nella metro striminzita della Città Eterna.

Guasconi è il nome della crew in cui sono cresciuti Carl Brave, Franco126, Ketama126 e Pretty Solero. Gatti su quei 126 scalini di Trastevere, che stanno diventando leoni da classifica. Carl Brave e Franco126 ormai non suonano più insieme e percorrono strade parallele. “Franchino”126 ha versato la sua poesia in un album solista come Carl Brave il suo talento da produttore nel suo Notti Brave. Sorprende la rapidità del tutto, la naturalezza con la quale gli esperimenti musicali fatti su quei 126 gradini di Trastevere stanno cambiando la musica italiana.

Carl Brave, in occasione di un assaggio del suo tour presso le Officine Pasolini di Roma, intervistato da Gino Castaldo, è sembrato perfettamente a suo agio nel ruolo di cantautore navigato, con tanto di mega band alle spalle e sgabello su cui appoggiarsi. La Peroni in bottiglia ha lasciato spazio alle olive del Manhattan, con la stessa rapidità con la quale ti fregano il parcheggio a Roma. Rapidità che i fan che hanno seguito Carl Brave fin qui, faticano a metabolizzare. L’unica domanda fatta dal pubblico, ieri sera, è stata “suonerai i pezzi vecchi? Anche quelli con Ketama e Solero?”. Non un giudizio di qualità, ma una dimostrazione di affetto e timore che la poetica magica di Carl Brave lasci spazio ad un cantautorato composto e maturo, dove maturo per una volta non è sinonimo di compiuto.

La forza esplosiva che ha portato Carl Brave a sbocciare fra i sampietrini di Trastevere entra nei teatri per il suo nuovo tour. Carlo, abbandonata la narrazione malandrina della capitale, diventa un cantautore della tradizione dei cantautori romani a cui si ispira. In fondo lo era anche prima, grazie al talento magico nel descrivere l’adesso con Polaroid nette, ma sfocate. Alla capacità di disegnare Roma nella schiuma della birra, sapendo sin dalla nascita che l’acqua dei nasoni scorre sempre e sempre scorrerà.

Forse serve un po’ più di tempo per gustarsi la sua traiettoria, forse qualche anno ancora da guascone gli permetterebbe di giocare con suoni e parole. Serve un po’ più di tempo per abituarsi ad ascoltarlo in un teatro, in acustico, senza campionatori, senza autotune, senza quel tanto pe’ cantà fotografia dei desideri di una generazione, rubati dalla Fontana di Trevi. Tanto ‘sta roba n’è pei sordi, ma pe’ fa’ storia Carlo Verdone, Alberto Sordi.