Oltre la cartolina, Jack Savoretti pubblica ‘Miss Italia’: «Per la prima volta mi sono sentito a casa»

In passato, lo ha detto più volte affermando la voglia di realizzare un disco completamente in italiano. Ora, quel momento è arrivato e, come spesso succede nella trama  della vita, è una mancanza a segnare la svolta. Metà inglese e metà italiano (ligure, per la precisione), Jack Savoretti pubblica ‘Miss Italia’, un album nato dal bisogno di rafforzare radici e continuare a coltivare il legame con il papà. Una necessità, dunque, un’urgenza per cui l’inglese non era abbastanza. Non arrivava esattamente lì dove il cantautore aveva bisogno di tornare.

In dodici tracce (più la bonus track con Zucchero), Savoretti ci restituisce una cartolina del Belpaese tra bellezza e contraddizione, chiamando a sé ricordi, ideali e speranze. Con lui, in questo Grand Tour tanti amici e colleghi che con l’Italia hanno un rapporto speciale, da Natalie Imbruglia a Miles Kane e Carla Morrison. Unica italiana la giovanissima svegliaginevra.

Cover da Ufficio Stampa

Dopo sette album in inglese, arriva ‘Miss Italia’, primo disco in lingua italiana. Quando hai iniziato a pensare che fosse il momento giusto per scrivere questo disco?
Alla fine è arrivato quel momento! (sorride, ndr) Ho sempre adorato cantare in italiano però ho sempre detto che, a parte il fatto che non avevo la padronanza linguistica, lo avrei voluto fare. Finora mi sono sempre tirato indietro anche perché non volevo farlo tanto per, anzi ho sempre detto che lo avrei fatto per un motivo. Sfortunatamente questo motivo è stato la mancanza di mio padre, che è venuto a mancare due anni fa, e mi ha dato questo bisogno. Ho sempre usato la musica per esprimermi nei momenti più strani della vita, quelli belli e quelli difficili. Il mio commento personale ed emotivo sempre stata la musica e quando è successo questo, mi sono messo a scrivere tantissimo in inglese. Ma non bastava: non mi stava dando quello che, di solito, la musica mi ha dato. Non mi stava dando il conforto necessario.

Quindi sei partito comunque dall’inglese per poi arrivare all’italiano?
Sì, sono venuto in Italia e ho fatto questo esperimento. Mi sono messo a scrivere con un amico e lì è successo qualcosa… era l’espressività che mi serviva. Ho scritto un paio di canzoni senza l’idea di un album intero, ma più come una terapia ma poi sono arrivate le canzoni e ho capito che stava nascendo qualcosa che sta nascendo. Così, è nata ‘Miss Italia’.

Quale cartolina d’Italia spedisci con questo disco? È più un’Italia idealizzata, è l’Italia dei tuoi ricordi, è l’immagine che si percepisce dall’estero?
C’è un po’ tutto anche perché, che vivo all’estero, ho sempre visto l’Italia come una destinazione. Questa, invece, è forse la prima volta che mi sento veramente e genuinamente a casa in Italia. Ci ho dedicato tantissimo tempo e ho anche dedicato molto di me stesso. Di solito, quando vengo qua, cerco di prendere tutta la cultura italiana e portarmela via. Succede che, quando mi si scarica un po’ mia italianità, io torno qua per riempirmi di tutto quello che è italiano. Questa volta, sono venuto qua proprio a cercare di condividere, di dare e di esprimere me stesso.

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È come avessi restituito invece di prendere. Forse anche per questo motivo, mi sono sentito molto a casa. A un amico ho detto che finora era come trovare una stanza in casa mia che era sempre chiusa. Finalmente ho trovato la chiave e l’ho aperta: anche se non sapevo ciò che c’era dentro, sapevo di essere a casa. Ed è la sensazione che ho avuto facendo questo album.

La scrittura di ‘Miss Italia’

Apri il disco con un brano che è un’introduzione a metà tra una confessione e un appello in cui dichiari il dualismo culturale che ti appartiene. E questa volta, appunto, non solo sogni in italiano ma canti in italiano: ti chiedo, nella scrittura qual è stata la difficoltà maggiore che hai incontrato?
Proprio il linguaggio, la poesia dell’italiano. La poesia conta in Italia mentre in inglese si premia il colloquialismo e meno la poesia. Il cantautorato inglese usa proprio il linguaggio di tutti i giorni anche per esprimere un’idea profonda ma nell’italiano non funziona, suona banale. È una lingua bellissima per uno che viene da fuori l’idea di cantare in italiano è bellissima ma devi cambiare registro. Ho cercato una via di mezzo.

Non volevo fare un album italiano, quindi ho tenuto un po’ di quelle imperfezioni del cantorato inglese, quindi quella colloquialità di prima, anche nei testi italiani. E trovare quel bilanciamento è stata la cosa più difficile per dare rispetto al cantautorato italiano: volevo usare la poesia il più possibile ma volevo metterci anche del mio e il mio, il cantato inglese con il linguaggio di tutti i giorni. Il rischio era cadere nei cliché e allora ‘Miss Italia’ sarebbe diventato un pastiche di un album italiano. Non oso ritenermi un cantautore italiano e questo è il mio primo tentativo attraverso quell’equilibrio.

Foto da Ufficio Stampa

Qual è stata la canzone più difficile in questo senso?
Ah, interessante… Non lo so, forse quella con più leggerezza quindi proprio Miss Italia in cui scatto una serie di polaroid del paese e lo faccio quasi da turista inglese come per raccontare l’Italia e la mia Liguria per come gli italiani vedono i turisti. Non voglio parlare di politica, per carità, e dico semplicemente che l’Italia è tutto tranne che una cartolina! È bellissima nelle cartoline però c’è molto di più.

Hai citato la titletrack, che è esattamente nel cuore della tracklist. Immagino non sia casuale, considerando che l’inizio con Come posso raccontare e la sintesi con cui concludi, ovvero il duetto con Zucchero…
Ho lavorato tanto alla sequenza dei brani perché io adoro fare gli album più che le canzoni. Ovvero, adoro scrivere canzoni ma penso sempre a un album. E mi piace vedere un album come una narrativa di un film in cui le canzoni sono dei personaggi che entrano e ti spiegano un po’ perché stai guardando questo film. Ogni volta mi chiedo perché qualcuno ascoltare questo album o questa canzone, quindi cerco di costruire un tema. Miss Italia l’ho messa proprio lì, al centro, perché volevo che si scoprisse solo a metà il significato del titolo dell’album. Un titolo spesso è considerato come una cosa superficiale e ‘Miss Italia’ potrebbe dare quell’impressione.

Ma se ascolti il disco, sentirai nella traccia in mezzo che non è così e c’è qualcosa di più affascinante della sola mancanza d’Italia. È anche un gioco di parole (Miss da to miss, che in inglese significa ‘mancare’) ma si capisce solo arrivando a quel punto del racconto. Segna un break e, da lì in poi, la seconda parte ha più senso.

Ci sono altre voci internazionali oltre alla tua, come le hai coinvolte in un progetto appunto italiano?
A modo proprio erano tutti legati all’Italia. Miles Kane è un appassionato sfegatato, quasi drogato di questo paese! Natalie Imbruglia è italiana e, come cara amica, in questi ultimi due anni ha visto il tragitto che ho fatto anche emotivamente. A un certo punto mi ha proprio detto che avrebbe avuto voglia di far parte del progetto e ovviamente l’ho invitata. Ha avuto tanto coraggio per esporsi in questa maniera perché non è facile considerando che non parla italiano. Però aveva questa voglia di entrare in contatto con le sue radici italiane. Gli altri, poi, si sono aggiunti per curiosità. Penso a Dan dei London Grammar che ha prodotto Sarà sempre domenica e mi ha chiamato lui per lavorarci.

Questo mi fa pensare che spesso siamo noi italiani a non vedere il bello che abbiamo.
È così! Non vi rendete conto, a volte, di quanto sia bella! L’Italia non è perfetta però venendo, da fuori, è meglio di tanti altri posti. Molto meglio.

Sanremo e la musica italiana

Ti abbiamo visto sul palco ligure per eccellenza, quello del Festival di Sanremo, insieme a Diodato. Con un brano tuo parteciperesti alla gara?
Guarda, non dico di no a niente finché non mi succede per davvero. Io adoro Sanremo e ho massimo rispetto per qualsiasi cosa riesca a fermare un paese per una settimana celebrando la musica. Adoro l’Ariston che trovo un palco affascinante e starei lì dentro a parlare ore intere con la gente che ci lavora. Quei muri hanno visto di tutto. Ma non mi piace la competizione, mi dà fastidio questa cosa perché crea tensione nel backstage ed è qualcosa che non collego alla musica. L’ho vista con i miei occhi. Io non l’ho sentita, da ospite, ma ho sentito la follia di dover andare sul palco in TV alle due di mattina per un altro artista che è in gara e ci tiene a questa cosa. Mi fa strano, ecco, perché la musica non è uno sport e la competizione non mi ha messo a mio agio.

Foto da Ufficio Stampa

Quindi, non è vero che chi va a Sanremo va solo per partecipare…
No, intendo dire che c’è tensione tra gli artisti, cioè quella non l’ho vista. Parlo del meccanismo per cui sei giudicato, sei classificato e, da essere umano, è normale che questo faccia sentire tesi. Sai che qualcuno ti metterà in una lista e scatta subito quella psicosi. È strano perché anche io ho suonato i palchi che mettono un po’ di ansia ma l’energia del backstage è diversa. Non stai cercando di vincere contro qualcun altro ma stai cercando di vincere solo con te stesso. Quindi, la classifica e la competizione proprio non mi piacciono.

Non ho mai fatto musica pensando a classifiche poi ogni tanto qualche successo l’ho fatto, eh, ci sono cascato (sorride, ndr). E certo che l’ho apprezzato ma quasi sono dato fastidio. Pensa che la prima volta che siamo andati al numero #1 ero quasi imbarazzato da me stesso e dal fatto che ero così felice. Mi sono chiesto perché ci tengo così tanto.

Quindi di Eurovision neanche a parlarne.
Uh, no no, non lo farei perché non c’entra niente con la musica. È molto più basato sulla TV e la performance. È intrattenimento ed è diverso da Sanremo che, invece, mette al centro la musica. Spero che rimanga così perché ogni tanto si distrae e anche il festival diventa più televisivo che musicale. Finché rimane un palco dove si espone la musica italiana nel suo cambiamento è qualcosa di bello.

Proprio dal festival, del resto, si sono affermati negli ultimi anni molti giovani che stanno avendo riscontri importanti anche nel resto d’Europa. Come vedi la musica italiana delle nuove generazioni?
Ci sono un sacco di giovani talenti. Quando Angelina a Mango al Festival di Sanremo ha cantato la canzone di suo padre, ero nel backstage ed è stato forse il momento più bello. Lì ho sentito è sparita la competizione e c’è stata questa onda di approvazione e rispetto artistico fra tutti. È stata tanta roba. In generale, ci sono tantissimi artisti giovani e adesso la musica italiana è in grandissimo forma. È bellissimo perché vengo in tour in Italia da quasi vent’anni e per tanto tempo è stato frustrante vedere musicisti fortissimi suonare in questi locali piccoli. O facevano un talent o non emergevano. Adesso, invece, la cultura sta decidendo l’industria e non il contrario. Questo è bello anzi deve essere così.

Ti aspetta un’estate e un autunno live: che tour stai preparando?
Lo show sarà come me, metà inglese e metà italiano! Faremo un po’ di tutto. Ci vediamo lì.

Di seguito le prossime date live in Italia:

  • 28 giugno – Susa (TO), Borgate dal vivo Festival
  • 7 luglio – Gardone Riviera (BS), Tener-A-Mente Festival
  • 8 luglio – Milano, Festival di Villa Arconati
  • 31 luglio –  Marina Di Pietrasanta (LU), Teatro La Versiliana
  • 16 dicembre – Bologna, Europauditorium
  • 19 dicembre – Roma, Auditorium Della Conciliazione

Foto da Ufficio Stampa