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Il Messaggero

Contagion, di Soderberg, torna su Canale 5

Contagion, di Steven Soderberg, è un film del 2011, presentato fuori concorso alla Festa del Cinema di Venezia: nel cast  Marion Cotillard, Matt Damon, Laurence Fishburne, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet e Bryan Cranston. Per certi aspetti si può considerare un film “profetico”, visto che parla di una pandemia mondiale che colpisce (e uccide) una buona fetta della popolazione: alcune scene sono terribilmente attuali, partendo dall’isteria collettiva per arrivare agli ospedali al collasso, alla paura dei contatti umani, alle mascherine perennemente sul viso.

Contagion diventato virale in tempo di pandemia

Una scelta particolare quella di Mediaset perchè un film del genere può generare angoscia, moltiplicando quella già in essere: anche perchè oltre ai diversi punti di contatto (una pandemia partita da Hong Kong), si parla di un virus molto più aggressivo che uccide in poco tempo le sue vittime. Il pubblico però è molto attratto da questa pellicola, al punto che al momento è tra i film più visti della warner, secondo solo alla saga di Harry Potter ed è scaricatissimo online, sui siti che ne offrono download o visione in streaming come Infinity, Chili, Apple Store o Yotube.

Perchè al pubblico piace tanto Contagion, ora?

Cosa c’è dietro questa improvvisa corsa a vedere il film di Soderberg, che nel 2011 non ebbe questo grande successo? Una improvvisa empatia con i personaggi? Una curiosità morbosa nel vedere i punti di contatto e ipotizzare una profezia che si è avverata? Oppure la curiosità di capire come è finita?

Secondo la scienza, ci fa bene vedere film come Contagion

Secondo Pamela Rutledge, direttrice del Media Psychology Research Center, la voglia di rivedere un film tanto angosciante in un momento particolare come questo potrebbe essere positiva: “Ci fa provare la sensazione di non essere soli e c’è una soluzione in queste storie che possiamo usare per esprimere la nostra ansia. Che si tratti di un film di zombi o Contagion, o altri thriller, i lungometraggi fanno crescere molto l’ansia e la paura e poi, entro la fine, si arriva a una risoluzione“, ha dichiarato la dottoressa in una intervista a Insider.