Con l’approvazione della direttiva UE sul copyright, il mondo digitale sta vivendo una sorta di terremoto: una panoramica su cosa è successo e cosa potrebbe succedere

Il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha approvato la direttiva per aggiornare le regole sul diritto d’autore nell’Unione Europea: si tratta di una versione modificata rispetto a quella discussa (e rigettata) dalla stessa Aula a luglio.

Riassumiamo brevemente i punti fondamentali di questa direttiva, che è una svolta epocale nel mondo digitale e di cui c’era assolutamente bisogno, dal momento che le leggi sul diritto d’autore -e quindi la regolamentazione della rete e di tutto quello che ci passa sopra- erano ferme al 2001.

Sugli scudi, in particolare, gli articoli 11 e 13:

L’articolo 11 va a regolamentare le richieste degli editori nei confronti dei colossi del web, come Google e Facebook. In sostanza, l’Aula ha stabilito che giornalisti, editori, musicisti e creativi di ogni genere debbano essere retribuiti per l’utilizzo delle proprie creazioni da piattaforme di condivisione come YouTube o Facebook e aggregatori di notizie come Google News.

L’articolo 13 introduce invece l’obbligo, per le piattaforme, di controllare quello che gli utenti caricano per fare in modo che i contenuti non violino il copyright: il modello di riferimento è Youtube, che ha sviluppato un software apposito per “bannare” i contenuti non a norma.

Cosa succederà?

Va subito detto che i tempi sono lunghi: la direttiva verrà ora ancora analizzata e dibattuta nei negoziati tra istituzioni europee e stati membri. Negoziati che potrebbero durare un anno e che lasciano aperta una porta: c’è ancora una possibilità che non sia adottata, nel caso in cui uno o più stati si mettano di traverso.

Cosa potrebbe succedere:

Potremmo dire addio a servizi come Google news: il colosso delle ricerche online, trovandosi obbligato a pagare per pubblicare gli “snippet”, potrebbe chiudere il servizio in Europa. E’ già successo in Spagna e Germania, dove la riforma era stata anticipata da misure nazionali. Questo manderebbe a farsi benedire il senso della norma, visto che non esiste altro aggregatore in Europa abbastanza potente da “resistere” a questo cambiamento.

Il risultato è che probabilmente saranno danneggiati i piccoli giornali online e le testate locali indipendenti, che si basano sul modello free e sulla pubblicità online. Poco male per Google, che anzi rafforzerà la sua posizione dominante come motore di ricerca.

Sono potenzialmente a rischio tutti i servizi che offrono contenuti gratuiti sul web, soprattutto generati o condivisi dagli utenti: non tutte saranno in grado, anche economicamente, di dotarsi di software che individuano la violazione dei diritti d’autore o di stringere accordi con i produttori di contenuti.

Facebook avrà meno problemi di Google, perchè sono gli stessi editori a pubblicare le notizie nelle proprie pagine, (anche attraverso accordi commerciali con la stessa Facebook).

Cosa NON è a rischio:

Wikipedia: sono esclusi dal testo della direttiva le piattaforme che operano per “scopi non commerciali”, come la più famosa enciclopedia online, così come  i testi delle ricerche scientifiche e i testi accademici, protetti da copyright ma autorizzati dagli autori stessi.

Meme, parodie ed altri contenuti simili UGC: “Verrà garantita la possibilità per gli utenti della rete di essere attori partecipi dei social network, produrre blog, condividere opinioni, foto e link”, ha assicurato la Federazione Italiana Editori Giornali.

-Le nuove regole non colpiranno inoltre start-up e le imprese fino a un massimo di 250 dipendenti, servizi di cloud, portali di commercio elettronico per vendita di dettaglio di beni fisici, enciclopedie e biblioteche on-line.

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