Presentato il primo report sull’impatto sociale degli incubatori di start up innovative, condotto da Social Innovation Monitor del Politecnico di Torino in collaborazione con Italia Startup, che traccia una mappa dell’ecosistema nazionale.

Gli incubatori di start up innovative si concentrerebbero prevalentemente al Nord e nello specifico in Lombardia. È quanto emerge dal primo report sull’impatto sociale degli incubatori e acceleratori italiani, un’analisi nazionale sull’imprenditoria innovativa condotta da Social Innovation Monitor del Politecnico di Torino in collaborazione con Italia Startup.

L’indagine si basa su un questionario inviato ai 162 acceleratori e incubatori di start up innovative di tutto il paese, ossia di quei servizi di supporto alle imprese in avvio, come coworking, assistenza tecnica, formazione, supporto al management e ha quale obiettivo quello di tracciare un quadro aggiornato dell’ecosistema delle imprese innovative italiane.

Emerge innanzitutto la natura privata di questi sistemi: oltre il 60%, contro il 15,4% di incubatori pubblici. I restanti sono caratterizzati da una forma mista di pubblico-privato.

Il rapporto evidenzia una concentrazione in Lombardia di oltre un quarto degli incubatori italiani (25,3% del totale), seguita da Toscana ed Emilia Romagna (oltre il 9%). La matrice settentrionale dell’ecosistema è confermato dal fatto che oltre il 60% di questi servizi è collocato nel Nord del Paese, mentre nel Centro si trova il 20% e al Sud soltanto il 17% degli incubatori.

Il settentrione resta l’area territoriale più viva, dall’indagine campionaria attrarrebbe oltre il 70% delle startup innovative, concentrate prevalentemente nel Nord Ovest. La Lombardia si conferma la terra delle start up, con circa il 31% delle imprese costituite, seguita da Piemonte (15,2%) e Lazio (8%).

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Dati che indicano anche una frattura nel paese, ma che lasciano trasparire anche segnali positivi: oltre la metà degli incubatori ha sostenuto imprese a impatto sociale, una specificità tutta italiana che conferma una specializzazione nel settore dell’innovazione sociale – ossia di quei modelli di business che puntano a migliorare la qualità della vita e a trovare risposte innovative a problemi sociali condivisi: in questo ambito cultura, arte, artigianato, salute, benessere e ambiente sono i settori sociali nei quali si sono concentrati i nostri incubatori di start up.

Accanto alle luci, anche qualche ombra: il sistema sembra soffrire di nanismo. Nonostante alcune significative eccezioni, sia le start up (circa 125 mila euro i ricavi medi) che gli stessi servizi di accelerazione (più della metà degli incubatori non supera i 250 mila euro di fatturato) faticano a produrre performance economiche significative. Inoltre, soltanto un quarto degli incubatori di start up innovative ha investito nel capitale di rischio delle imprese insediate. Si tratta esclusivamente di soggetti privati, le cose cambiano per le start up incubate nei sistemi pubblici: nessuno di questi ha utilizzato il capitale di rischio o altri strumenti di sostegno per finanziarle.