L’idea, nata da un gruppo di ricerca del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra, ha lo scopo di riciclare il caffè esausto: ecco come

Caffè senza tracce è il nome del nuovo progetto ideato da un gruppo di ricerca del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca. L’obiettivo è quello di lanciare un sistema di raccolta sperimentale per differenziare le capsule.

Il team che lavora al progetto è composto da 11 persone tra da biologi, scienziati ambientali e sociologi. Questi hanno quantificato il consumo di caffè de gruppo, contando 5mila capsule di caffè all’anno.

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L’idea della raccolta si può applicare a uffici, imprese e università. Una volta recuperate, queste capsule sarebbero analizzate in laboratorio per capire che tipo di riuso se ne possa fare. L’Università ha avviato una raccolta fondi attraverso la piattaforma italiana di crowdfunding “Produzioni dal Basso“.

Caffè senza tracce: come si sviluppa il progetto

Come abbiamo accennato, il primo step del progetto è quello della raccolta differenziata delle capsule. Queste saranno separate dal caffè esausto attraverso un macchinario speciale, fornito dall’azienda White Star, che differenzia i rifiuti avviando anche il processo di compostaggio.

Non solo. Caffè senza tracce ha allacciato una partnership con il Parco Nord di Milano, grazie alla quale il caffè esausto raccolto potrà essere utilizzato per fertilizzare l’Orto Comune Niguarda.

In una seconda fase sarà effettuata l’analisi in laboratorio delle capsule, per stabilire se le alte temperature raggiunte all’interno delle macchinette del caffè possano aver determinato il rilascio di microplastiche o nanoparticelle nel caffè che si consuma.

La ricerca in laboratorio ha due scopi: capire se ci sono materiali più adatti a contenere il caffè e orientare produttori e consumatori verso materiali più sicuri e sostenibili. Chiunque decida di dare il proprio sostegno al progetto, riceverà in cambio semi da piantare, caffè macinato, gadget e un albero da frutta.

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