Nicoletta Romanoff racconta il romanzo ‘Come il tralcio alla vite’ (Rizzoli): tra gioia e dolore, una storia di fede.

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Si intitola Come il tralcio alla Vite il primo romanzo di Nicoletta Romanoff, in uscita il 6 maggio per Rizzoli. Un libro senza filtri, in cui Nicoletta racconta il suo rapporto con la fede tra storie di vita, dolori ma anche e soprattutto gioie. «Il momento giusto è arrivato nel momento giusto, scusate il gioco di parole. – ci dice subito l’autrice – Sono passati 28 anni per caso, anche se non credo nel caso. Il 13 maggio ricorre l’apparizione della Madonna di Fatima e anche dell’attentato al Papa. Avevo appena finito di scrivere un film sull’attentato e, quel giorno, ho ricevuto una mail da Rizzoli che mi chiedeva di scrivere un libro sul mio percorso di fede. Quindi credo che dall’alto qualcuno abbia mosso un po’ di pedine».

«Ho sempre scritto si getto, scrivo e non rileggo. – ci dice poi Nicoletta Romanoff – Questo vale per tutte le mie lettere. Che siano biglietti di auguri, dediche, sfoghi: io scrivo molto di getto perché mi svuoto di ciò che ho dentro. Ogni capitolo di questo romanzo è nato dunque dall’esigenza di raccontare con forza, quasi come se avessi bisogno di svuotarmi».

Nicoletta Romanoff diventa figlia unica a diciotto anni e a diciannove accoglie la maternità. In Come il tralcio alla Vite si racconta tra dolore e speranza in una testimonianza profondamente toccante di un percorso di fede e amore.

«Le parti più difficili da scrivere – commenta – sono state quelle in cui parlo dei miei figli. Come mamma sento che la vulnerabilità maggiore risieda in quell’emisfero». «Non è la fede intrisa di dolore – aggiunge poi – è la vita che è intrisa anche di dolore. Eppure, nella vita c’è sia forte luce che buio e ombre. La fede rispecchia la nostra vita, ma anche il modo in cui la affrontiamo. Io la vedo gioiosa, non triste e pesante. Mi piacciono infatti le messe gospel e cantate».

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«Non a caso – continua – il mio rapporto con la fede lo vivo come un’amicizia con alti e bassi. Come si superano i bassi? Restando dentro le cose. Se tieni ad un’amicizia, risolvi, tiri fuori i problemi e ti esponi. Io dialogo in questo modo quando prego. Cosa devo ancora imparare e comprendere? Le risposte poi puntualmente arrivano».

«Io spero tanto di lasciare un messaggio positivo. – conclude infine – Mi auguro che sia positivo e luminoso. Racconto tanti dolori, ma è anche vero che racconto tante gioie. E, come ho sottolineato più volte, le gioie che ho ricevuto superano il dolore».

Foto di Fabio Lovino