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Prenderà il via il 20 novembre e si chiuderà il 28 la 33esima edizione del Torino Film Festival, una delle manifestazioni cinematografiche più importanti e più interessanti d’Italia.

158 lungometraggi, 15 mediometraggi, 32 cortometraggi, 50 anteprime mondiali, 20 anteprime internazionali, 8 anteprime europee e 71 anteprime italiane: questi sono i numeri di questa edizione del 2015, 'costruita' in seguito ad un’attenta e lunga selezione (pensate che i film visionati sono più di 4000). A dirigere il tutto ritroviamo Emanuela Martini, che a margine della conferenza stampa di presentazione, ci ha gentilmente concesso un’intervista.

“Le linee fondanti del Festival sono sempre le stesse. – commenta Emanuela ai nostri microfoni – C’è tantissima attenzione nei confronti delle novità, del cinema indipendente, degli esordienti. È una ragione identitaria del Festival e non a caso il concorso principale vede tutte opere prime e seconde e solo eccezionalmente terze”.

 

Il concorso principale si chiama Torino 33 e presenta 15 film realizzati nel 2015, tutti inediti in Italia e tutti che puntano a mettere in luce il giovane talento di autori attualmente poco noti, ma destinati a far parlare di sé. Le pellicole provengono da nazioni diverse (per l’Italia c’è Colpa di comunismo di Elisabetta Sgarbi, Mia madre fa l’attrice di Mario Balsamo e Lo Scambio di Salvo Cuccia) e si muovono chiaramente nel mondo del cinema indipendente. I titoli sono: God Bless the Child di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda Beck, Idealisten – The Idealist di Christina Rosendahal, La Patota – Paulina di Santiago Mitre, Lo scambio di Salvo Cuccia, Sopladora de Hojas di Alejandro Iglesias, Coma di Sara Fattahi, Coup De Chaud di Raphael Jacoulot, Les Loups di Sophie Deraspe, I racconti dell’orso di Samuele Sestieri, A Simple Goodbye di Degena Yun, John From di Joao Nicolau, Colpa di comunismo di Elisabetta Sgarbi, The Waiting Room di Igor Drlijaca, Keeper di Guillaume Senez e Mia madre fa l’attrice di Mario Balsamo.

La sezione Festa Mobile rivolge invece lo sguardo solo all’estero, offrendo al pubblico il meglio della produzione cinematografica internazionale (non c’è concorso e si tratta di opere inedite): “Sono opere che forse usciranno in Italia, ma per alcune di esse non è neanche prevista l’uscita. – ci spiega sempre la Martini – L’apertura della sezione tocca a Suffragette, sulle suffraggette, che combattevano per il diritto al voto all’inizio del secolo scorso”. Oltre a Suffragette di Sarah Gavron che aprirà appunto la kermesse, la sezione Festa Mobile propone titoli importanti, come Sunset Song di Terence Davies e La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi. Proprio a Terence Davies andrà il Gran Premio Torino, per la sua capacità “di mescolare malinconia e ferocia, ironia e disperazione, con la Trilogia (1983), Voci lontane… sempre presenti (1988), Il lungo giorno finisce (1992) e, recentemente, Of Time and the City (2008) e The Deep Blue Sea (2011)”, raccontando “la sua gente e la cultura tradizionale della middle-class britannica con dolore profondo ma anche con sconfinato amore”.

A Cristina Comencini andrà invece il Premio Cipputi alla carriera, mentre il Premio Maria Adriana Prolo andrà a K di Lorenza Mazzetti.

Importantissime anche le manifestazioni collaterali, che – secondo la Martini – faranno gola soprattutto ai forestieri: Questioni di vita o di morte parte dal film di Julien Temple (che sarà a Torino) The Ecstasy of Wilko Johnson e propone una selezione di pellicole che hanno ispirato proprio questo lavoro; After Hours è “una sezione di cinema eccentrico, bizzarro e horror” – precisa la Martini – che specifica poi che non mancheranno “film di Maestri, come il giapponese Sion Sono”; la sezione TFFdoc è dedicata ai documentari e quest’anno ha scelto il tema ‘Mediterraneo’; Italiana.Corti è la sezione competitiva dedicata ai cortometraggi italiani inediti, mentre Cose che verranno ci mostra “come il cinema ha immaginato la Terra del futuro, quindi utopie e anti-utopie, dal 1930 a oggi e oltre”. Infine, Onde indaga sulla voglia "di sbilanciare" il potere del cinema, "esplorando territori disattesi, sfidando le punte estreme del dire filmico, coltivando discorsi autoriali liminari".