Si è tenuta Domenica 11 ottobre, al Megastore Mondadori di via San Pietro all’Orto (MI), la presentazione del libro e del film di Suburra, il gangster movie di Stefano Sollima, già regista di A.C.A.B.- All Cops Are Bastards e delle serie televisive di successo Romanzo criminale e Gomorra. Nella pellicola sono presenti attori di grande spessore del panorama cinematografico italiano, tra cui Pierfrancesco Favino, Claudio Amendola e Elio Germano, che quest’anno si è aggiudicato il David di Donatello per Il giovane favoloso. Nel corso dell’evento, al quale hanno partecipato Amendola, Germano, Sollima e l’autore del romanzo Carlo Bonini, sono emersi numerosi particolari sulla produzione e sull’obiettivo del progetto, in sala da oggi, 14 ottobre 2015.

Lo scrittore ha subito messo in chiaro che il “libro è nato un po’ di tempo fa, quando il nome “mafia capitale” non esisteva ancora”. Per realizzare il romanzo i due (ricordiamo che è stato co-scritto da Giancarlo De Cataldo) sono partiti “da fatti di realtà che erano molto difficili da dimostrare, e molto spesso ci siamo dovuti confrontare con materiali per “addetti ai lavori”. Ma il bello del romanzo è che ti permette di dire cose che altrimenti sarebbe molto difficile raccontare”. “Stefano, che aveva già portato sullo schermo il mio libro precedente (stiamo parlando di ACAB), ha letto le bozze e subito ha deciso di farne un film”.

Il regista, dopo aver concordato con quanto detto dall’autore, ha precisato che si trattava di “materiale attuale, perfetto per il grande schermo”. “Fin da subito ho avuto in mente metà degli attori che avrei voluto nel cast, per l’altra metà invece abbiamo fatto parecchi provini, partendo dalle caratteristiche del personaggio. Così abbiamo scelto Alessandro Borghi, Greta Scarano, e il bravissimo Adamo Dionisi, il capo clan zingaro”, ha continuato Sollima. In un secondo momento, quest’ultimo ha voluto specificare quanto lui non consideri Suburra una realtà legata solo a Roma, poichè il concetto di fondo (il potere in tutti i suoi aspetti, ma anche il rapporto tra la criminalità organizzata, lo Stato e la Chiesa) può essere attribuibile a qualsiasi città del mondo e, quindi, diventare universale.

Ancora adesso, che il film ha già ottenuto un grande successo di critica, sono in molti a chiedersi cosa significhi effettivamente Suburra. A spiegarlo è Carlo Bonini, che racconta la “Suburra” come “un luogo fisico che esiste tutt’ora; si trova a Roma alle spalle dei Fori, nel quartiere Monti. È una zona molto buia, e nell’antica Roma era il quartiere delle case di tolleranza, e il luogo dove plebe e patrizi si incontravano per portare a termine ogni tipo di traffico. Ma è anche il luogo simbolico delle diverse realtà che si mischiano, il luogo che la cronaca avrebbe poi chiamato “Terra di mezzo” (il riferimento è all’inchiesta su Mafia Capitale).

Elio Germano, il quale nella pellicola interpreta Sebastiano, un PR viscido e senza scrupoli, ha parlato a grandi linee della caratteristica che accomuna un po’ tutte le figure presenti nel crime metropolitano e, in particolare, di quello da lui impersonato: “Tutti i personaggi che emergono nel film stanno intraprendendo la propria scalata verso il successo, vogliono ricchezza e potere. Il mio personaggio, invece, vorrebbe mantenere lo status quo, e per farlo alla fine cede al lato oscuro. Sebastiano è un organizzatore di eventi, uno che in qualche modo crea la suburra: i suoi locali sono punti di contatto tra le carie classi sociali”.

Anche Claudio Amendola, dopo aver ammesso di aver letto il libro prima ancora di iniziare a lavorare per il film, ha messo in luce alcuni tratti distintivi di Samurai: “Il mio personaggio è autorevole per definizione, gestisce i malaffari di destra e di sinistra, ma ha un’anima. È un burattinaio che ha capito che la criminalità si è evoluta. Non servono più le pistole, ma è tutta una questione di rapporti. E’ importante prendere parte a feste in terrazza e a cene in determinati ristoranti”.

Ad una domanda in merito alla produzione della pellicola e, quindi, alle difficoltà riscontrare nel girare certe scene ed ottenere l’accesso a determinati luoghi, il regista Stefano Sollima ha risposto che “durante la produzione abbiamo trovato qualche difficoltà: per esempio non ci hanno permesso nemmeno di girare in Parlamento e abbiamo dovuto ricostruirlo in un teatro di posa”. Anche avere la disponibilità di alcuni locali non è stato semplice: “Probabilmente sono gli stessi ristoranti in cui non ci hanno permesso di girare scene nei loro locali”, conclude Sollima riferendosi alle parole di Claudio Amendola.

La prima serie televisiva italiana su Netflix: Suburra

Nei giorni scorsi, come ormai saprete, è trapelata la notizia che Suburra diventerà una serie televisiva, la prima originale italiana di Netflix, che sbarcherà in Italia a partire dal 22 ottobre. Il regista ha voluto chiarire come “la notizia dei giorni scorsi sia uscita maldestra. Chiariamo intanto che le notizie sono due: Per prima cosa Suburra il film, oltre a uscire in varie nazioni europee, sarà distribuito su Netflix in Nord America, Sud America e Canada. Più di 50 milioni di spettatori ne avranno libero accesso. Poi, l’altra notizia, è che il film è apparso così interessante e appetibile per quel mercato che ci hanno chiesto di farne 10. Ma non si sa ancora nulla”. Nel corso di un’intervista rilasciata Funweek, il regista ha aggiunto: “sono rimasto ovviamente scioccato per due ragioni: una per la grande opportunità, perché ovviamente essere distribuiti su un mercato ampissimo, in contemporanea con l’uscita qua, è una cosa che ti fa tremare i polsi. Dall’altra, sembra meraviglioso il modello, perché il vero dato è che stanno cambiando i modelli”.

Le interviste del cast e del regista a Funweek.it

Intervistato da Funweek.it, Pierfrancesco Favino (il politico corrotto di centrodestra, Filippo Malgradi), alla domanda “Avete scoperto una Roma diversa?”,  risponde con tutta sincerità: “Mi viene da dire, purtroppo, no. Dopo la lettura del libro, piuttosto che dopo aver visto il film, la cosa che ho riconosciuto dentro di me è che so che esiste, so che ci circonda, so che ne faccio parte in qualche modo. E, infatti, la cosa che mi fa anche piacere – da un certo punto di vista – è che il mio non è un personaggio violento, è un personaggio squallido e che questo squallore possa essere legato al male, in realtà,  è un bel gesto di maturità, di quello che noi consideriamo il male dal punto di vista sociale. Perché, invece, fino a qualche anno fa sarebbe stato uno che cercava di essere vincente e basta. Invece che noi si abbia questa percezione vuol dire che una maturazione al nostro interno in qualche modo, anche dal punto di vista del riconoscimento di ciò che può essere pericoloso, c’è stato. E quindi questo ci distanzia da quei cinque anni in cui raccontiamo e che sono gli anni di questa storia”. Successivamente l’attore ha raccontato la sua secondo esperienza con il regista, che l’aveva già diretto in A.C.A.B.: “Stefano ama molto quello che fa ed è una persona che cerca di ottenere fino all’ultimo tutto ciò che ha in mente: non si accontenta. E’ giusto perché nessuno di noi può dare una performance valida, se non ci sono i tempi perché questa cosa possa maturare. E nessuno di noi può fare un film importante se non ha la libertà di girare, soprattutto in cui – comunque – lo storytelling del mondo ha un ritmo diverso a quello a cui noi siamo abituati. Purtroppo è una questione di danari, ma anche di quantità di persone che lavorano a questa cosa qua. Stefano, giustamente, ha l’ambizione di fare un cinema con grande respiro.”.

Collegandosi a quanto detto da Favino, Claudio Amendola aggiunge che “il primo giorno che abbiamo girato, lui stava con la macchina da presa lontanissimo. Regolarmente Stefano veniva e mi diceva ‘va bene, buona.. però quella battuta Claudio..”. Alla mia affermazione ““Ste, è un totale”. Lui mi ha guardato come a dire “ma che hai detto”, poi mi ha spiegato. Quando siamo arrivati a fare i primi piani di quella scena, era molto difficile, eravamo perfetti. Questa è la differenza, i tempi. Lui si è preso il tempo necessario per fare tutto, tutto è venuto bene. Noi ne siamo usciti veramente con le ossa rotte, perché è stato forse il più faticoso a livello fisico: tenere sempre tutta quella concentrazione per tutto il giorno, per tutta la notte, aspettando dei tempi di attesa enormi e ore e ore in roulette. Tu qui arrivavi e sapevi che nel frattempo avevano fatto cose belle”. Durante l’intervista, quest’ultimo – circa il suo personaggio e alla presunta etica che lo accompagna – ha dichiarato: “Un po’ sì. Fa parte di una malavita diversa. Una malavita, sembrerà assurdo, con dei valori. Con un’etica, criminale quanto vuoi, ma – in effetti – forse un briciolo d’anima quel personaggio ce l’ha.

Anche Elio Germano ci ha parlato della sua esperienza in Suburra e del suo primo giorno di riprese, sottolineando la difficoltà ad indossare “questi vestiti così alla moda che facevano difficoltà ad essere indossati”. “Non ci viene male incarnare personaggi. Noi adesso siamo tre persone (con Amendola e Favino) che non sono dannose, perché facciamo gli attori. A seconda poi dei ruoli che i nostri personaggi rivestono possono fare più danni. In questa degenerazione dell’essere umano, che pensa soltanto a se stesso e non a quello che lascia al mondo in termini di rapporti umani, raccontiamo tre aspetti di quello che possiamo definire il male, la degenerazione dell’essere umano, la rincorsa al profitto che cosa produce o il mantenimento di uno status quo quando viene minacciato, nel caso del mio personaggio. Raccontiamo anche un’umanità che non si fa fatica a trovare ovunque”, continua l’attore. In merito al primo giorno di riprese, Elio ricorda che “quella sera c’era una partita della Roma, con una squadra tedesca, e la partita non andò bene. Ad un certo punto ripetevano dei risultati apparentemente basati sull’immaginario”. Favino ha subito aggiunto che “nella scena io dovevo essere menato. Ad un certo punto, visto che io stavo girando e lui no (Germano), mi affaccio e dico “Oh!” e lui “Lascia predere, 4 a 0”. “Ne facciamo un’altra!”, rispose quel giorno l’attore. “Mi hanno menato per tutta la notte, ma piuttosto che non pensare a quello che stava succedendo allo stadio.. Ero menato dentro e fuori”.

“Mi sembra più di continuare il racconto di Romanzo criminale. Dopo romanzo criminale, a vent’anni di distanza, che succede? Avendo lavorato sia con Giancarlo De Cataldo (Romanzo criminale) che con Carlo Bonini (Acab), ho avuto il privilegio e l’onore di leggere il libro quando lo stavano scrivendo. Il titolo era bello e spostava l’atmosfera, creando una sorta di continuità spazio-temporale pazzesca. Sei obbligato a cambiare il tuo percorso normale e a scoprire cose che fisicamente non avevi mai visto o che comunque non avevi mai letto così. E’ la meraviglia del lavoro che faccio, e quindi ho scoperto delle cose della mia città che francamente non avevo notato, osservato e non sapevo esistessero”, ha detto Sollima riferendosi a come sia nata l’idea di realizzare il progetto. Quando gli è stato chiesto come è stato lavorare con Amendola, Favino e Germano, lui ha dichiarato che, in realtà, “sono tre attori straordinari, perciò non hanno bisogno di granchè. Penso che il compito del regista sia quello di avere uno sguardo esterno, complice, ma – allo stesso tempo – un pò esterno. Essere attento a quanto ciascuno di loro sul serio si cancella ed entra nel personaggio chiamato a raccontare”.