Arriva al cinema l’ultimo gioiello di Terry Gilliam: ‘L’uomo che uccise Don Chisciotte’. Un film che si è fatto da solo, come ha detto il regista e che forse lo rappresenta più di quanto lui non ammetta. Il racconto dell’incontro con il regista.

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‘L’uomo che uccise Don Chisciotte’ il nuovo gioiello di Terry Gilliam

Dal 27 settembre arriva al cinema l’ultimo capolavoro di Terry Gilliam: ‘L’uomo che uccise Don Chisciotte’

Ci sono voluti 25 anni perché questo film venisse alla luce. Un lungo arco di tempo durante il quale ogni possibile disavventura ha cercato di intralciarne il cammino tanto da fargli guadagnare la fama di film maledetto. Fatto sta che ‘L’uomo che uccise Don Chisciotte’ è riuscito a spuntarla ed Terry Gilliam ci regala un altro piccolo gioiello cinematografico.

In occasione della presentazione del film a Roma, abbiamo incontrato il regista nella meravigliosa cornice dell’Hotel Bernini. Come dicevamo il film ha avuto una lunghissima gestazione, e al posto di Adam Driver doveva esserci Johnny Depp.

“Ho deciso di scegliere Adam perché l’ho incontrato una volta in pub a Londra. – ha risposto Terry Gilliam alla domanda – Non avevo visto nessuno dei suoi film, nessuno dei suoi lavori televisivi, semplicemente mi piaceva perché era completamente diverso dal personaggio che avevo immaginato e ho pensato che potesse essere ottimo come scelta dal momento che era un nuovo inizio, visto che ormai ero un po’ stanco e annoiato di quella che era la mia idea originale. E poi Adam non sembra una star del cinema, non si muove e non si comporta come una star del cinema, anzi, non si muove e non si comporta neanche come un attore. Quindi, ci siamo piaciuti e ha avuto la parte.”

Siete curiosi di scoprire di più sul nuovo film di Terry Gilliam, ‘L’uomo che uccise Don Chisciotte’? Allora non fermatevi qui, e leggete cosa ha raccontato il regista durante la conferenza stampa e correte al cinema dal 27 settembre!

‘L’uomo che uccise Don Chisciotte’: Terry Gilliam racconta il suo film ‘maledetto’

Come si sente ad essere un regista che fa film basati sulla fantasia in un momento in cui i film che hanno successo sono film realistici?

“Stai forse dicendo che gli Avengers sono film “Sancio Panza” (cioè realistici nd)? Non sono assolutamente d’accordo. Io credo che tutti i grandi film e il grande cinema, siano basati sulla fantasia senza nessun contatto con la realtà. È un sogno, credo che sia il sogno giovanile, il mondo dei sogni giovanili. Quello che mi interessa è il conflitto, la tensione, la battaglia fra la fantasia e quello che è reale e quindi, Don Chisciotte è il sognatore, è il pazzo, e Sancio Panza è il realista, la persona radicata nella realtà. Ci sono sempre questi due aspetti. Quello che in realtà mi dispiace, è che film tipo Avengers in realtà non hanno questi due aspetti, realtà e fantasia, e hanno solo un elemento, quello della fantasia. Forse i film che chiamate realistici, il “film Sancio Panza”, sono in realtà film che non hanno molti soldi e quindi non possono permettersi altro che essere realistici. Altra cosa molto importante è che noi abbiamo girato sempre in esterni, nelle location, non abbiamo mai costruito i set negli studios, e questo in un certo senso ha consentito di creare la fantasia, perché l’obbiettivo era sempre quello di girare tutto questo in un mondo reale, dove lo potevi sentire, lo potevi odorare, lo potevi percepire. E questo in un certo senso limita le idee.”

“Più che limitare le idee limita le possibilità. – Interviene Nicola Pecorini, direttore della fotografia -Magari le idee uno ce l’ha ma se non ci sono i soldi, non c’è il tempo, uno si adatta a quello che è la realtà. Che poi è un po’ quello che faceva Don Chisciotte perché lui viveva nella sua fantasia ma i pericoli, diciamo così, erano reali, gli ostacoli erano reali. Da un certo punto di vista, gli ostacoli sono una buona cosa perché ti limitano, per cui le scelte sono minori, per cui c’è meno da scegliere e alla fine è più facile scegliere dove c’è meno da scegliere.

Lattore che interpreta il gitano è stato scelto perché somiglia a Johnny Depp?

“Penso che il tuo film sia più interessante del mio. No non avevo assolutamente in mente Depp. Però questo è il motivo per cui mi piace fare film e poi mostrarveli e ascoltare le vostre domande, i vostri commenti, leggere cosa scrivete, perché in realtà quello che io faccio è un film completamente diverso, anzi probabilmente quello che realizzo io è un film veramente pessimo, poi però siamo bravi a “infinocchiarvi”, a farvi credere che sappiamo perfettamente quello che stiamo facendo e quindi poi voi date la vostra interpretazione. È questa poi è la scusa che generalmente utilizzo quando il film non va’ bene: è sempre colpa vostra. Il nome del gitano, non so se l’avete notato è “Diaz Ex Machina”.

Come ha lavorato sul testo, partendo dal libro di Cervantes per arrivare a questa sceneggiatura?

“Oh! Ce l’abbiamo 29 anni per rispondere a questa domanda? Quando ho letto il libro per la prima volta, nel 1989, ho subito pensato che non sarebbe stato possibile farne un film perché era una cosa troppo grande, gigante, troppo ricca. L’idea originale era quella di basarla su gli ultimi fuochi di un uomo anziano, che sta in una piazza con altri anziani, a dire “ah, se solo avessi fatto questo, se solo non avessi fatto quello…” e uno di loro decide di smettere di lamentarsi e di mettersi all’opera, e quindi poi muore così, felicemente. L’idea originale era quella; poi ci sono stati tutta una serie di cambiamenti e quello più recente risale a circa 3 o 4 anni fa. E’ stato quello poi a far sì che il personaggio di Toby avesse realizzato un film intitolato “The man who killed Don Quixote” 10 anni prima ( rispetto gli eventi narrati nel film – ndr). Perché da lì il punto è stato raccontare una storia su cosa i film fanno alle persone, il pericolo, come possono ispirare le persone, come possono distruggerle e come possono farle impazzire. Perché i film sono come i libri che il Don Chisciotte originale leggeva. Storie di fantasia, con cavalieri e vergini da salvare. E questi libri lo hanno fatto impazzire. E quindi abbiamo trovato più interessante raccontare, invece di spiegare, la storia del protagonista, com’era 10 anni prima, quando era pieno di idee e innocente, non corrotto dal successo. Stessa cosa per le persone del villaggio che erano semplicemente abitanti di un villaggio, ma il film da loro la possibilità di essere qualcosa di diverso. Vediamo quindi l’effetto che ha prodotto sulle loro vite.

A questo punto la sceneggiatura è diventata molto più interessante, e questo spiega come mai c’è voluto tanto tempo per riscriverla. Credo sia una cosa positiva quando hai tanto tempo per scrivere perché alla fine ti annoi di quali sono le tue idee di partenza e quello che ti resta in mano sono solo le idee più originali. Ma io sono un mistico e credo che il film si sia scritto da solo, però ci ha messo molto tempo. Il film è uno scrittore molto lento.”

Come dove essere quindi il film in principio?

“Diciamo che in sintesi prima il personaggio di Adam prendeva una botta in testa, cadeva a terra e si risvegliava nel XVII secolo e realizzava il vero Don Chisciotte. Ma quella versione non era interessante come quella che alla fine abbiamo realizzato, perché poi alla fine Toby diventa regista, un uomo di talento che tradisce il suo talento per il danaro, per fare quattrini realizzando spot commerciali su cibo spazzatura. È un po’, se vogliamo, la storia di Frankenstein. In realtà Toby ha creato Don Chisciotte e poi diventa colpevole, ha una forte e pesante responsabilità su di se’ perché non si pone il problema dell’effetto che i suoi film, le sue creazioni, hanno sulla gente. Fin troppi cineasti in realtà non accettano la responsabilità di quello che fanno, e l’effetto che quello che fanno ha sulle persone. Non si rendono conto di quanto sia importante invece realizzare un qualche cosa che sia determinante per portare le persone a riflettere, a pensare, a comportarsi in maniera corretta, o anche scorretta, che è anche più interessante.”

“Io sono stato testimone privilegiato dell’evoluzione del film stesso. – racconta Nicola Pecorini – È vero che nel 2000 era un film molto più ambizioso, molto più grandioso. Si viaggiava nel tempo, c’erano scene con centinaia di comparse, era proprio un altro film, al di là dell’essere un’altra storia. Voleva essere un film epico relativo a quello che è il romanzo cervantiano. Ma mano a mano, vuoi per questioni di ristrettezze economiche, vuoi per evoluzioni della specie nel senso di Terry stesso, è diventato un film molto più intimo, lui lo nega ma molto più autobiografico. Cioè, se non ci fosse stata, per dirne una, la merda che abbiamo passato con il caso Weinstein, il film sarebbe diverso. Se non ci fosse stata la pena di quando è morto Heath Ledger durante un’altra lavorazione sarebbe stato un altro film. Alla fine è veramente come dice Terry: il film si è fatto da se’ ben prima che fossimo sul set. Cioè, s’è fatto in questi 18 anni. Cioè, almeno per me son stati 18. Poi ho rinunciato a tantissimi altri lavori per non far nulla.”

“Sì! Devi soffrire per fare Arte.”

C’è un link fra il Toby di questo film e il Toby Dummit di ‘Tre Passi nel Delirio’ di Fellini? O un omaggio a Benvenuto Cellini  ?

“No. Sin dall’inizio Toby doveva finire per essere Sancio Panza. Per quello che riguarda l’opera è stato interessante, mi sono lanciato in questa avventura perché mano mano che leggi… innanzitutto se fai delle cose nuove, delle cose diverse, magari riesci a imparare anche nuovi trucchetti, cose che non conoscevi. Poi è interessante invecchiando cercare di fare delle cose per vedere se da qualche parte fallisci, perché il fallimento è importante. La ragione per cui ho continuato a incaponirmi con questo progetto è che tutte le persone ragionevoli mi dicevano di mollare. Io, però, non credo nelle cose ragionevoli, ma solo in quelle irragionevoli. Don Chisciotte è molto pericoloso perché quando inizia a vivere nella tua mente non riesci a liberartene. Diventi come lui fino quasi in punto di morte o comunque ti ci avvicini. Questo film non avrebbe potuto esistere nel 2000, anche perché sono fermamente convinto che il film sia qualcosa che esiste in un momento specifico della tua vita e con un gruppo specifico di persone. Adam è molto diverso da Johnny, Jonathan Pryce è molto molto diverso da Rochefort, quindi il film è il prodotto di tutti questi elementi che si uniscono e che lo realizzano. Quello che cercavo di fare nel 2000 non credo che fosse interessante quanto lo è questo fil; sicuramente non così divertente, probabilmente più ambizioso, per quanto possa significare la parola ambizione. Questa versione è stata realizzata con la metà del budget previsto per la realizzazione della versione con Depp e Rochefort, circa una ventina di anni fa. La cosa interessante è che Adam alla fine ha preso più di quanto non avrebbe preso Johnny all’epoca. Il film è stato realizzato con molti meno soldi e questo in un certo senso ci ha consentito di concentrarci di più e ha dato un miglior risultato.”

Ci sono comici o gruppi di comici al livello dei Monty Python oggi in circolazione?

“Ci sono molte persone brave, di talento, in giro, ma nessun gruppo come i Monty Python. Anche perché i Monty Python erano un gruppo di 6 persone, 6 persone che si erano riunite insieme ed era l’alchimia che si creava fra di loro che poi portava a quel tipo di comicità. Ce ne sono tanti adesso di comici validi in giro, ma non proprio esattamente così in GB. Va’ anche tenuto conto del fatto che oggi i tempi sono molto molto diversi: all’epoca c’erano 3 canali televisivi in America e al lunedì mattina, visto che noi andavamo in onda il lunedì sera, non si faceva altro che parlare di noi. Oggi il panorama è molto diversificato, quindi sono migliaia le persone che fanno comicità. E poi i comici di oggi sono secondo me più timidi. A noi non ci spaventava nulla, iMonty Python non si facevano spaventare da niente e da nessuno e il politically correct all’epoca non era stato inventato. Sicuramente una “Vita di Brian” non si potrebbe fare oggi.”

Secondo lei invecchiando si diventa più Don Chisciotte o più Sancio Panza?

“Ci sono alcune persone anziane che tendono ad essere più come Sancio Panza, perché diventano più rigide, hanno paura di tutto ciò che esca fuori dagli schemi, preferiscono attenersi a quello che è un mondo semplice, più tranquillo. Altre che invece diventano più infantili. Dobbiamo ricordarci che quando facciamo riferimento a Don Chisciotte in realtà ci riferiamo sempre ai due personaggi: Don Chisciotte e Sancio Panza, perché noi siamo entrambi. Dipende da quello che la vita ti fa decidere se essere più folle/fantasioso oppure più noioso. Una delle cose che mi ha consentito di sopravvivere durante le riprese è che mia figlia Amy ha avuto una bambina. Sul set c’era questa bambina di un anno che ha dato il suo contributo. Io potevo sdraiarmi per terra, giocare con lei, e quindi questo mi ha consentito di sopravvivere alle riprese, e d’altra parte lei era pure più vecchia di me.”

Lei lavora sul sogno, sulla fantasia. Fra tutti i suoi sogni ce n’è uno di cui si sarebbe sbarazzato e che può dire?

“In realtà tutti i miei sogni mi piacciono, anzi rimango disperatamente aggrappato a tutti i miei sogni perché la vita può essere molto ripetitiva, invece i miei sogni non lo sono mai quindi non rinuncerei a nessuno di essi.”

Si può trovare limmortalità nellirrazionale al giorno doggi?

“Onestamente l’unica cosa che possiamo dire è che Don Chisciotte non muore mai, perché l’esperienza ti tramanda… la conoscenza ti tramanda… fondamentalmente questo è quello che fa l’Arte. Noi non siamo mai originali al 100% perché andiamo sempre a rubare da quelli che sono venuti prima di noi, le idee continuano, continuano ad esistere quindi Don Chisciotte continuerà ad esistere perché troverà una nuova vita, una nuova voce e continuerà ad esistere e ad andare avanti così.”

“Volevo dire una cosa a questo proposito – intervieneNicola Pecorini – perché ad esempio, sua moglie lo accusa di fare sempre lo stesso film. C’è un qualcosa di vero. Le similitudini fra Parnassus e questo film le trovo non tanto nel finale ma nel concetto stesso, cioè, l’ostinazione e la testardaggine di Q di vivere la fantasia, di concepire la fantasia, è praticamente la frase di P quando arriva il Diavolo che ferma tutti dal raccontare la storia, non succede niente, e lui dice “perché da qualche parte qualcuno racconta una storia”

“Questo è quello che dico: ci sono solo 7 storie da raccontare, non possono essercene di più, fondamentalmente la nostra vita non cambia più di tanto. Semplicemente le buone storie continuano ad andare avanti.”

Farai altri film?

“Lo spero. Non ho ancora nulla in cantiere ma voglio continuare a fare film. Voglio dire una cosa su Jonathan Pryce. Lui per 15 anni avrebbe voluto e ha cercato di interpretare questo personaggio e io non l’ho mai ingaggiato per questo film. Alla fine quando la cosa si è verificata, quando è successo, la sua performance è stata qualcosa di sorprendente. Ha aggiunto tantissimi elementi, è come se avesse inglobato in questo personaggio tutti i personaggi Shakespeariani che ha interpretato nella sua carriera.”

@foto Ufficio Stampa Lucherini Pignatelli