Quella degli Abiura è la storia di più storie messe insieme. Abruzzesi doc, di Pratola Peligna (AQ) per essere precisi, Pietro è un commerciante, Marco è uno studente, Francesco lavora all’Ospedale di Sulmona e Alfonso è un impiegato in un’azienda privata. Nella band sono Sanpiè (Pietro) alla voce, Novecento (Alfonso) alla batteria,  Zavarock (Marco) alla chitarra e Francesco al basso. Così diversi, ma così simili: grandi appassionati di musica. Non hanno mai suonato insieme, tranne che in occasioni goliardiche.

La cosa che più vi caratterizza è la presenza di un ragazzo giovane. Come è nata l’idea di mettere insieme un gruppo musicale?

E’ un ragazzo molto giovane, siamo dei padri putativi in questo senso. Il gruppo è nato grazie all’amicizia che già ci legava da tempo e all’esperienza che ognuno di noi ha avuto in campo musicale. Non avevamo mai suonato insieme prima d’ora, se non per diletto. Ci siamo assemblati in seguito. L’idea è nata da Francesco che mi ha beccato per strada, d’accordo anche con l’amico Alfonso e mi ha proposto di tornare in pista. Così è partita l’avventura Abiura. Poi si è aggiunto Marco. E’ arrivato in un secondo momento, per il semplice fatto che quando si è in una fase più tenera non si sa mai come rapportarsi, eravamo un po’ titubanti all’inizio, poi è venuto fuori l’aspetto umano e una grande dote da chitarrista, un ragazzo maturo, al contrario di quello che oggi si può pensare, pronto a far parte degli Abiura.

Il nome del gruppo è Abiura. Come mai questa scelta?

Ci piace come nome, l’aspetto principale è quello. Poi quando si decide di intraprendere qualcosa, si cerca sempre un appellativo per dare una certa visibilità, un riconoscimento. Pietro si è imbattuto personalmente in questa parola leggendo Pier Paolo Pasolini, e in un roster di nomi che ci sembravano adatti, è saltato fuori Abiura che in un certo senso ci rispecchia. Abbiamo unito il suono onomatopeico della parola al suo significato semantico.

La musica che suonate è principalmente rock. Quali sono i vostri modelli di riferimento?

Rock classico italiano, con spruzzatine di metal e cantautoriale che rispecchia la tradizione della musica rock italiana. La vita è fatta di esperienze, ricordi. La musica è come un prato dal quale noi raccogliamo i suoi fiori e realizziamo un mazzo, i fiori che riteniamo più preziosi sono quelli legati alle nostre tradizioni, in questo caso parlando di musica, sicuramente i Litfiba.

Il vostro primo album Concept è disponibile su youtube. Cosa c’è in questo progetto e come mai la scelta di un titolo così particolare

Piccola storia di una bimba e del suo aquilone di idee è la storia di una bambina che cresce e fa le sue scelte, molte di queste sono sbagliate, ma alla fine c’è un ravvedimento sulle proprie idee, si torna indietro, ma non vuol dire aver sbagliato scelta. Nel corso della vita facciamo scelte che sembrano giuste all’inizio, poi le valutiamo, le rivalutiamo, ed è questa la forza, quella di avere la capacità di tornare indietro. Piccola storia di una bimba e del suo aquilone di idee fa pensare al primo prog italiano degli anni ’70, in realtà di progressive rock c’è ben poco, perché noi suoniamo strumenti classici: basso, chitarra, batteria e voce, quindi non c’è inserimento di  piano, tranne che per piccoli inserti. Dal vivo suoniamo molto rock proprio perché non abbiamo queste partiture di tastiera che alleggeriscono i toni. L’album è nato in maniera molto spontanea. La storia si sviluppa in 11 canzoni, che sono stralci di testi dimenticati, diventati poesie, collegate tra loro nell’album, ma non tutte altrimenti sarebbe stato troppo pesante durante l’ascolto. Gli spezzoni di testo sono qualcosa di fruibile che, anziché cestinare, abbiamo ritenuto opportuno inserire nel contesto. Sulla pubblicazione sul canale social Youtube ci si deve lavorare abbiamo notato che la musica perde parecchio,  non rende come l’ascolto del cd.

C’è una canzone preferita? Come mai non avete pensato ad un Ep per iniziare?

Le canzoni sono come dei figli, sceglierne una è sempre difficile. Per quanto mi riguarda – dice Pietro –  sono legato alla prima, “La bimba”, avendo io due bimbe, anche per l’atmosfera che la canzone fa vivere, in generale tutte sono valide, se guardate nell’ottica del concept. Non abbiamo fatto un Ep, perché essendoci una sequenzialità nelle canzoni, sarebbe stato un vero e proprio atto di abiura nei confronti degli altri pezzi!

La copertina e disegni del cd sono molto particolari. Chi li ha realizzati?

I disegni delle canzoni sono stati realizzati dalla figlia di Pietro. La copertina è del maestro Silvio Formichetti, artista di Pratola Peligna, pittore di rilievo internazionale, oltre ad essere un grandissimo amico.

Si parla tanto di talent show. Non solo per mettersi in gioco, ma anche per fare un’esperienza e farsi conoscere. Che ne pensate?

Rischieremmo di snaturare la passione di una vita. Noi suoniamo sporco, abbracciamo a piene mani quello che è il senso del rock. Il talent show è una bella opportunità per chi ha voglia di emergere a tutti i costi, il nostro progetto invece è quello  di valorizzare il passato della musica e quello che sarà il nostro futuro. Non si può prescindere, è da li che nascono i valori, la qualità e la nostra amicizia.

Ci sono progetti futuri nel cassetto?

Siamo dei vulcani, abbiamo già pronti tre pezzi per il prossimo album. Vorremmo sviluppare altri temi. Grazie ad Alfonso che ha messo a disposizione un po’ del suo materiale, stiamo iniziando a raccogliere nuove idee, poi per quanto riguarda i testi ci stiamo lavorando. Il nostro è un progetto nato per valorizzare l’uomo nelle sue tante sfaccettature perché questo è un mondo dove c’è  un allontanamento da quelle che sono le cose belle e le cose vere. È un’idea per riportare l’uomo alla luce, messo ormai ai margini del sistema. Il fine ultimo è quello di consolidare i nostri rapporti all’interno del gruppo, coinvolgere le famiglie, gli amici e chi ci vuole bene.  Come recita la dedica del cd: “Dedichiamo il nostro disco a chi ci ama, a chi ci odia e a quelli a cui siamo indifferenti perché la vita non è una competizione”.

Inoltre è  uscito il  primo libro di poesie di Pietro. “Bandiera emozionale”- questo è il titolo –  è quello che uno ha dentro e decide di tirar fuori. Forse questo è il senso della nostra musica, rendere le persone partecipi dei nostri sentimenti. A volte facendo musica si pensa più a compiacere il prossimo che se stessi, se si riuscisse a creare un connubio tra queste due esperienze, a livello formativo sarebbe qualcosa di completo. Questo è il nostro obiettivo, far stare bene le persone. È una doppia soddisfazione, in concomitanza con quello che è il progetto di Abiura, dedicato all’arte, alla musica, alla poesia.

L’ascolto del cd è molto piacevole, tematiche che ritornano, unite brano dopo brano. Una ciclicità dai toni rock, abbinata alla poeticità delle didascalie iniziali di alcune canzoni. È la festa degli uomini, di chi sa tornare indietro. Forse il primo passo per andare avanti, recita l’incipit di “Festa”, che conclude il concept. La vita è un grande sospiro che si spegne quando il sogno si arrende alla realtà, questo ci propone invece “La strada”, sesto brano in scaletta. Bell’arrangiamento e meritevole l’amalgamarsi dei quattro strumenti utilizzati. Quello che racchiude il cd è tutto nel pezzo “ La Bimba”, personalmente colpisce molto perché restituisce la vera essenza di tutto il lavoro svolto dagli Abiura. Sogni, emozioni e idee. Tutto quello che una bambina prova durante la sua infanzia, catapultato nella vita di ogni singolo. Decisioni da prendere, scelte da fare. Il tutto accompagnato sempre dal suo aquilone, simbolo di libertà, senso del gioco e strumento metaforico di indipendenza e autonomia. Quella semplicità alla quale tutti dovremmo rifarci, sognando, come la bimba, un mondo diverso.