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2001: Odissea nello spazio, film del 1968 di Stanley Kubrick, è sicuramente un film molto particolare: chi si aspetta una struttura narrativa lineare o le immagini al servizio della storia, come accade di solito, rimane puntualmente deluso.

Il regista -uno dei più famosi e controversi della storia del cinema americano- ha infatti deciso di rivoluzionare l'uso dell'inquadratura proprio in questo film, facendo in modo che le immagini stesse parlassero con tempi di ripresa molto più lunghi. Di contro, i dialoghi sono ridotti all'osso, in modo da lasciare spazio a musica e immagini.

Anche chi ha apprezzato l'opera di Kubrick, comunque, si è interrogato sicuramente sul finale del film e di quel monolito -dal significato oscuro- che appare a più riprese.

Ovviamente non esiste una interpretazione univoca: ci aiutano però le parole che il regista stesso, in una delle rare interviste che ha rilasciato, ha detto al riguardo:

"…si discuteva sui mezzi per tradurre fotograficamente una creatura extraterrestre in modo che fosse sconvolgente come lo sarebbe stata realmente. Presto fu chiaro che non si può immaginare l’inimmaginabile. Il massimo che si può fare è cercare di rappresentarlo in qualche modo artistico che comunichi qualcuna delle sue qualità. Così decidemmo per il monolito nero"

Per alcuni, il monolito è quindi Dio, l'inimmaginabile. Per altri, è uno stargate attraverso il quale fare viaggi astrali, oppure il simbolo di tutte quelle domande sull'esistenza che sono troppo più grandi di noi e che vorremmo toccare senza riuscirci.