La notte del 16 febbraio al termine dello spettacolo che era in scena, «I combustibili», della compagnia umbra Teatro Di Sacco interviene la polizia e si chiudono i battenti. Teatro dell'Orologio chiuso con tanto di sigillo. 

Presenti Polizia di Stato, Vigili del Fuoco e Ispettorato del Lavoro, un controllo completo, nulla fuori posto, questo quanto dichiarato dal teatro, tranne l’uscita di sicurezza del teatro che è mancante da sempre! 

L’intero programma del Teatro Orologio sarà trasferito momentaneamente al Teatro India, è lo stesso Direttore del Teatro di Roma, Antonio Calbi a comunicarlo.

La città ci sorprende con continue chiusure, avamposti della cultura cittadina che se ne vanno, prima il Quirinetta, uno dei club con la più ricca programmazione musicale in Italia,  oggi il Teatro dell’Orologio, l’eccellenza del teatro sotterraneo. Che cosa sta succedendo? E’ vero, la mancanza di una uscita di sicurezza non è cosa da poco, ma non vi era altro modo per gestire insieme al teatro questa situazione così da non rappresentarla all’attivo tramite un trauma cittadino? Le forze dell’ordine possono fare ben poco se non applicare la legge, forse il caso andrebbe gestito su un altro piano istituzionale. Ci auguriamo che questa cosa venga affrontata sin da subito con la giusta determinazione per colmare il vuoto culturale che il l’assenza del piccolo e vivacissimo spazio determina. Inoltre un pensiero va a tutte le maestranze i collaboratori, i dipendenti, gli artisti che dall'oggi al domani si ritrovano senza busta paga, al berlina, una situazione veramente complessa.

Di seguito un estratto della dichiarazione espressa stesso Teatro dell'Orologio chiuso la sera del 16 febbraio.
“…. Era tutto in ordine, tranne ciò su cui non siamo mai stati a posto: l’uscita di sicurezza. Noi ci abbiamo provato, con uno sforzo economico e di energie non indifferenti, siamo arrivati a tre metri dall’aprire quell’uscita, ma poi abbiamo trovato la Storia e ci siamo dovuti fermare. Abbiamo cercato, credeteci, in ogni modo, di aprire un varco, un dialogo. Pensavamo di esserci riusciti, qualcosa si stava muovendo. E ora, questo.

Siamo tristi e incazzati perché, in questo momento, non sappiamo come tutelare artisti e spettatori (soci, ovviamente) che ogni sera, con passione e caparbietà, continuano ad animare il nostro spazio. Cerchiamo una risposta da parte di tutta la città: cosa dobbiamo fare? Cerchiamo una risposta da parte di tutte le forze politiche: crediamo di essere un bene, un’istituzione culturale. Se non è così, ditecelo: non ha senso continuare a farci del male. Vorremmo una risposta a una domanda, la vorremmo ora: perché?”