Paolo Cattaneo, Una Piccola Tregua: 'Trovate momenti di bellezza anche nelle cose semplici'

L'11 novembre è uscito Una Piccola Tregua, il nuovo album (il quarto, per la precisione) del cantautore Paolo Cattaneo, che in 12 brani ha voluto imprimere tutta la necessità di coltivare gli 'spazi indispensabili' della nostra vita, quelli in cui ci si rifugia per fuggire dal superfluo.

Il disco esce sotto l'etichetta indipendente Lavorarestanca (edizioni Eclectic Music Group / Music Union, distribuzione Audioglobe) e vanta tante e ricche collaborazioni, soprattutto autorali: le musiche sono infatti curate da Cattaneo, che per i testi ha invece voluto lavorare insieme ad amici e colleghi, come Lele Battista, Ettore Giuradei, Giovanni Peli e Stefano Diana. La produzione artistica vede inoltre la collaborazione di Matteo Cantaluppi, sound engineer che ha recentemente collaborato anche con gli Ex Otago per l'album Marassi.

"Una piccola tregua – spiega Paolo Cattaneo – è quella radura nel bosco intricato e incantato dove il cercatore annusa i chiaroscuri nel sottobosco e si libra tra le foglie, e intreccia i rami a fabbricare scale, passerelle, piattaforme, scivoli e liane con cui lanciarsi attraverso lunghi tratti di semioscurità fitta di secolari tronchi di pietra e riemergere altrove ad annusare chissà altra verdemacchia e fabbricare nuove trame e scalare biforcazioni mai viste. Solo quando è appena compiuta un'intelaiatura abitabile, dove ci si possa fermare in tanti a parlare alla sera, a guidare, a sognare, a ricordare, solo allora ci si può prendere quella piccola tregua. Allora e solo per pochi momenti".

Abbiamo raggiunto Paolo al telefono per farci raccontare meglio questo nuovo progetto discografico e capire cosa rappesenta esattamente per lui.

Ciao Paolo, come stai passando le feste natalizie? Ho visto su Facebook che sei comunque molto attivo, a cosa stai lavorando?
Sto facendo veramente tante cose, ma penso tu ti riferisca al nuovo video. È nato in realtà per promuovere un piccolo tour che partirà a febbraio, sono sei date. Doveva essere un'unica ripresa live, invece è venuta fuori una cosa molto particolare: i protagonisti del video siamo noi che suoniamo dal vivo in una casa molto antica su due piani in un paese sul Lago d’Iseo. Ognuno di noi si trova in una stanza e suona, tutto girato in unico piano-sequenza. Una bella sfida, soprattutto dal punto di vista tecnico, però il video è venuto molto bene. Penso che verrà pubblicato a metà gennaio.

Ti prepari per il tour, quindi. Parliamo però intanto dell’album, che ha un titolo abbastanza evocativo, Una Piccola Tregua
Sì, Una Piccola Tregua rappresenta quei piccoli momenti della vita in cui ognuno di noi può concedersi non tanto di nascondersi e rifugiarsi, quanto di trovare un po’ di serenità nelle cose che fa. Io affronto la vita e il mio percorso artistico in modo che non ci sia distacco tra quello che sono e quello che faccio. Per me la piccola tregua è quindi riuscire a trovare all’interno della propria vita quotidiana – ed è una esortazione per tutti – momenti di bellezza, anche nelle cose più semplici. Ad esempio, in mezzo al traffico. Dobbiamo smetterla di pensare 'Non vedo l’ora che finisca'. Ho vissuto male il fatto di dover aspettare qualcosa di più bello, penso che ora nella mia vita io abbia trovato appunto una piccola tregua.

Quanto è difficile raggiungere una tale consapevolezza?
Un po’ conta l’età, non sono più giovanissimo e ho avuto un’esperienza di vita che mi ha permesso di diventare – perché no? – più saggio, più contemplativo. Ora riesco a distinguere le cose che possono peggiorare la mia vita e riesco ad allontanarmene. Si tratta di dettagli quotidiani: ad esempio, anni fa mi sono accorto che se i piccoli problemi quotidiani non vengono affrontati, iniziano a legarsi l’uno all’altro e a trasformarsi in qualcosa di insormontabile. L’esperienza quindi conta, poi ho avuto la fortuna di avere accanto una donna incredibile che mi sta dando tanti insegnamenti su situazioni che io non ero in grado di osservare. Sento di poter ritrovare anche all’interno della mia comunicazione artistica e nella musica lo stesso messaggio.

In che modo sei riuscito poi a racchiudere in 12 tracce tutta l’ispirazione derivante da questo concetto?
In realtà ogni brano ha sempre un percorso personale. Ho visto che capita anche ad alcuni colleghi: i brani nascono senza che tu li insegua. Sono come un’esplosione di gioia o di rabbia, è qualcosa che hai dentro e che non ti accorgi di avere. Poi passano i mesi, tu fai le cose tue, ma intanto sei una spugna che assorbe finché non senti di avere qualcosa da dire. A quel punto escono i brani, alcuni nascono perché devi esprimere un concetto e un’esperienza di vita, quindi vede la luce prima il testo e poi ci cuci intorno una forma sonora, un mondo musicale che lo rappresenti. Altre volte mi accorgo di avere tempo e voglia e di essere attratto dallo sgabello del pianoforte. In quel caso nasce prima la musica, quasi in un’alchimia di magia e esperienza. Riascoltandola, poi, capisco qual è lo stato d’animo che la rappresenta. È un concetto profondo, ma è vero: io non creo questi mondi con la testa, sono io stesso ammaliato da questo processo molto naturale. Nel momento in cui incontro poi i miei colleghi avviene la trasformazione.

Fammi un esempio…
Ad esempio è bellissimo lavorare con Stefano Bianca, un autore di Roma, uno scrittore a cui sono molto legato e che ha scritto anche un pezzo bellissimo per Niccolò Fabi. Insieme a lui abbiamo trovato la chiave di lettura di questo mio modo di esprimermi molto naturale.

Quasi istintivo…
Sì, però non si può fare un disco che sia solo istinto, altrimenti non viene capito. C’è però il modo secondo me di essere istintivi e nello stesso tempo incisivi.

Hai parlato di colleghi e amici, come scegli le persone di cui circondarti mentre scrivi?
La scelta è soprattutto umana e artistica. Per me è impossibile lavorare con qualcuno che non rispetto come persona, anche perché non avrebbe senso. Se avessi 10 dischi di platino alle spalle e mi costringessero a lavorare con qualcuno che mi fa storcere il naso, forse lo farei, perché penso che un artista di quel livello debba fare scelte più diplomatiche. Nel mio caso, invece, ho la libertà di poter scegliere veramente le persone che mi trasmettono serenità e tantissima voglia di esprimermi. Anche se forse incontrare persone con cui si va d’accordo fa parte della selezione naturale. Niccolò Fabi tempo fa, quando ha compiuto 40 anni, mi ha detto che ora poteva finalmente scegliersi gli amici. È una frase che mi è rimasta in testa, perché poi arrivato a quell’età mi sono accorto di quanto fosse vera. A 20 anni hai amici che in parte detesti, oggi la selezione è stata fatta. E per me accade anche nella musica.

Invece com'è andata con Matteo Cantaluppi?
È una persona incredibile e un ottimo arrangiatore. Questo è il nostro terzo disco insieme. Dopo il primo disco, ho scoperto anche una bellissima persona e la collaborazione si è trasformata in amicizia. Infatti lui ha vissuto – tra il mio secondo e terzo disco – tre anni a Berlino, dove ci vedevamo spessissimo. Non è un caso che gli arrangiamenti di questo album siano nati e siano stati registrati lì, non perché ‘fa figo’, ma perché c’era un’energia e una voglia di vedersi che è diventata poi voglia di creare qualcosa insieme. Anche Lele Battista è venuto a Berlino, ha registrato lì Se io fossi un uomo, quasi come se fosse una prova. È un disco lungo, ma ogni dettaglio ha una sua storia. Non è stato registrato in due giorni, ma pezzo dopo pezzo, studio dopo studio, musicista dopo musicista. È anche la sua bellezza, penso.

Immagino sia anche un album pieno di ricordi…
Sì, infatti quando rilascio le interviste potrei parlare per ore (ride, ndr). C’è una storia e un ricordo per ogni momento e devo dire che quando riascolto i brani lo percepisco, c’è molto di mio e molta vita e esperienza. Avevo detto a tutti che questo per me non era un disco, ma un’esperienza da vivere, non mi interessava sapere cosa capitava. Volevo partire e basta. Poi fortunatamente è arrivato anche un traguardo.

Da questo punto di vista, come lo collochi nella tua discografia?
Tutti gli album mi rappresentano, ma Una Piccola Tregua mi rappresenta più profondamente. In questo album ho parlato di mie esperienze di vita, della prima volta che ho incontrato la persona che amo, del primo viaggio che mi ha emozionato. Ho raccontato persino di un patto di sangue fatto con gli amici di infanzia. Sono entrato in una sfera personale che non ho mai toccato, perché caratterialmente ho avuto sempre paura. Non è un caso che io sia terrorizzato dai social, proprio perché mi mettono troppo a nudo. In questo caso, invece, il disco fa uscire la mia vita personale senza bisogno di raccontarla in modo sfacciato.

Torniamo al live? Non so se puoi dirmi qualcos’altro…
Il tour inizia il 18 febbraio al Teatro Centro Lucia in provincia di Brescia. Farò allungare il palco, non utilizzeremo la platea perché il pubblico si verrà a sedere proprio accanto a noi, su divani, sedie, poltrone, tappeti, per condividere uno spazio che secondo me a volte è troppo distante, nonostante gli artisti e il pubblico vogliano avvicinarsi. La forma del live però forse crea questa distanza. In questo modo spero un po’ di spezzarla, creare l’ambientazione di un salotto, una sorta di house concerto allargato, un’invasione di palco. Poi ci saranno altre date. A Milano, ad esempio, suoneremo al BASE il 6 maggio. L'idea è quella di occupare il corridoio che si apre su diverse stanze, con ogni musicista in una stanza diversa. Il pubblico potrà entrare nelle stanze, mentre nel corridoio sentirà i suoni che si uniscono. Questa sarà la chiusura di questo piccolo tour.