Le Luci della Centrale Elettrica al Viteculture Festival tappa romana del “Terra” tour.

Iniziata col sold – out di Coez e proseguita con i live di The Zen Circus, Lucky Chops + Frankie Chavez, il festival “Touch The Woodstock” dedicato al trap e all’hip – hop, Cristina Donà, The Lumineers, Gazzelle + Canova e Archive, tutti un clamoroso successo di pubblico, arriva per la nuova edizione del Viteculture Festival di Roma, per la prima volta quest’anno nella suggestiva cornice urbana dell’Ex – Dogana dello Scalo di San Lorenzo, il nono attesissimo appuntamento con un nuovo live, quello de Le Luci della Centrale Elettrica + Diodato.

Cinque parole dietro cui si cela naturalmente il ferrarese Vasco Brondi, classe 1984, nato in realtà a Verona ma che trascorrerà l’infanzia e l’adolescenza a Ferrara, tanto cantata nei suoi testi, è una delle giovani realtà del panorama attuale del cosiddetto “indie – rock” oramai più affermata e conclamata.

Festeggia proprio quest’anno i dieci trascorsi dal quel lontano 2007, dove Vasco, timidamente, si affacciava al mercato musicale italiano con l’autoproduzione “Le Luci della Centrale Elettrica”, ma solo l’anno successivo sarà quello della sua consacrazione, quando La Tempesta Dischi pubblicherà il fortunatissimo “Canzoni da spiaggia deturpata”.

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Inizia così la dorata epopea di uno dei giovani cantautori realmente rivoluzionari dei giorni nostri, che ha saputo riscrivere a suo modo la storia del cantautorato pop – rock donandole dei connotati nuovissimi e ben precisi, che manterrà con credibilità e forza lungo tutti e quattro i dischi successivi, attraverso i quali Brondi è riuscito ad imporre meravigliosamente un nuovo linguaggio che, chi subito e chi a poco a poco, in molti abbiamo imparato ad amare.

L’apertura del live de Le Luci della Centrale Elettrica viene affidata ad un altro prestigioso e talentuoso giovane cantautore italiano, il pugliese Diodato: noto al grande pubblico dal 2014, l’anno della vittoria del premio Giuria di Qualità al Festival di Sanremo col bellissimo brano “Babilonia”, Diodato è in realtà attivo dal 2007, anno di uscita del suo primo EP autoprodotto che aprirà la strada al suo esordio vero e proprio, datato 2013, “E forse sono pazzo”. Il quarto disco arriva quest’anno, “Cosa siamo diventati”, (Carosello Records, gennaio 2017), un ottimo lavoro che mette pubblico e critica amabilmente d’accordo: una delle caratteristiche di questo interessantissimo cantautore infatti, carismatico ed estremamente comunicativo, è quella di proporre un cantautorato con un occhio al tradizionalismo classico di Tenco e Modugno e un orecchio alla ricerca sonora e testuale più propria della psichedelia di gruppi come i Radiohead, col risultato di una musica sempre di qualità, credibile e convincente.

Il pubblico capitolino, visibilmente rapito ed affascinato, apprezza.

Il palco è quindi pronto per accogliere Vasco Brondi, per la tappa romana estiva del “Terra” tour, l’ultimo lavoro del musicista di Ferrara, uscito a marzo per La Tempesta Dischi. Accompagnato da Marco Ulcigrai alla chitarra, Matteo Bennici al basso e al violoncello, Giusto Correnti alla batteria e Angelo Trabace alle tastiere, la folla sterminata di pubblico romano accoglie Vasco e i suoi con l’entusiasmo che come di consueto oramai Roma gli riserva da anni: i presenti infatti, dai fan più fedeli e affezionati fino ai nuovi adepti, si scatenano sulle note inconsuete di un artista che ha fatto del citazionismo distorto, del provincialismo, della psichedelia, delle grandi e piccole tragedie di tutti i giorni, raccontate da uno idealmente e artisticamente nato tra CCCP e Battiato e la contemporaneità, un suo stile assolutamente inconfondibile, un marchio di fabbrica indissolubile e bellissimo.

Con una scaletta che accontenta tutti, partendo dall’etnicità, dal tribalismo, dai mondi lontani ma anche vicinissimi, dai viaggi della mente e del corpo dell’ultimo lavoro de Le Luci della Centrale Elettrica, fino alla monumentalità di pezzi come Quando tornerai dall’estero, Piromani – eseguita stasera nella sua emozionante versione embrionale originale chitarra e voce – Macbeth nella nebbia, Cara Catastrofe, La Terra, l’Emilia, la Luna, I destini generali, 40 km,  il mondo a tratti ermetico e a tratti disperatamente chiaro e limpido di Vasco Brondi conquista e convince sempre di più, trasmesso e comunicato col carisma sui generis che solo a lui appartiene, che o si comprende o si odia.

Con le sue danze scoordinate, il suo personale concetto di futuro ed il suo straordinario talento compositivo, Vasco Brondi ci conquista tutti ogni disco di più, che trova in quella del live la dimensione più liberamente consona e creativa in cui egli esprime al meglio il suo sconfinato talento, con quella sua voce magnetica ed evocativa che si districa tra amori infranti, strade sterrate, vite al limite, vite semplicissime, l’Africa, la Mongolia, il mare, la terra, Ferrara.

L’universo di Vasco Brondi si conferma anche stasera come uno dei più affascinanti, ispirati ed estatici in cui entrare, proprio per la sua imperfezione, per la sua impenetrabilità solo apparente e per la sua originalità, che rappresenta una delle poche oasi musicali italiane al momento attuale.