Reduce dal successo di Venezia, Guillermo Del Toro al Lumiere Film Festival di Lione si è raccontato a ruota libera in una masterclass

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Guillermo Del Toro – pluripremiato regista reduce dal successo del Festival di Venezia, dove si è aggiudicato il Leone D’Oro per The Shape of the Waterha tenuto una masterclass al Lumière Film Festival di Lione.

Nel corso del suo intervento, il cineasta messicano ha meravigliato il pubblico astante con un racconto pieno di dettagli e altissime dosi di humour, spiegando come ha preso vita il suo universo pieno di fantasia, mostri e strani essere al centro della sua opera.

A colpire l’immaginario degli astanti è stato il ritorno all’infanzia del regista. Egli stesso l’ha definita “strana”, in quanto era un periodo nel quale passava molto tempo da solo, divorando libri, presi soprattutto dalla biblioteca di suo padre, dove trovò un’enciclopedia medica. Una lettura che gli fece credere di “essere affetto da tutte le malattie, perché mi sembrava di averne tutti i sintomi”.

Cresciuto da una fervente famiglia cattolica di Guadalajara, Del Toro ha descritto la sua gioventù religiosa come un “miscuglio di virtù e violenza”, raccontando con ironia alcuni episodi che hanno risvolti agghiaccianti quanto comici.

Ad esempio, ha raccontato di come sua nonna gli mettesse dei tappi di bottiglia nelle scarpe come punizione per i peccati futuri. Oppure della statua di Cristo presente nella chiesa che frequentava che lo impressionò particolarmente anche per via di una strana espressione facciale che faceva sì che “sembrava come se Gesù stesse venendo”. Ma le immagini particolarmente cruente delle chiese messicane hanno fatto sì anche che sviluppasse un certo amore per i toni sinistri, ben presenti nella sua cinematografia.

Per quanto riguarda invece la sua passione per i mostri – venuta fuori con pellicole come Hellboy o Il labirinto del fauno – il maestro ha ricordato di come fosse praticamente ancora in fasce quando vide per la prima volta in TV un mutante calvo e con grandi occhi: “il mio psicanalista mi disse successivamente che quella visione mi creò una sorta di sindrome di Stoccolma. È da allora che adoro i mostri”.

Ma a dargli l’amore per l’horror hanno contribuito anche i lunghi corridoi della villa di sua nonna. Infine, il regista ha dichiarato che “da bambino facevo dei sogni lucidi. Aprivo gli occhi ma continuavo a sognare. Guardavo attorno a me e c’erano cose animate sugli scaffali o sotto il mio letto. Ai mostri chiedevo il permesso di andare in bagno!”