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Il Messaggero

Teatro Machiavelli

Il locale seminterrato di Palazzo Sangiuliano, in origine una famosa mescita, diviene con Angelo Grasso un teatro che, col nome di Teatro Machiavelli, sarà famoso anche fuori Catania fino al primo Novecento. L’Opira di donn’Ancilu, con circa 600 posti, s’inaugura il 30 settembre 1864, e presto contende il primato al teatro di suo fratello Giovanni, […]

Il locale seminterrato di Palazzo Sangiuliano, in origine una famosa mescita, diviene con Angelo Grasso un teatro che, col nome di Teatro Machiavelli, sarà famoso anche fuori Catania fino al primo Novecento. L’Opira di donn’Ancilu, con circa 600 posti, s’inaugura il 30 settembre 1864, e presto contende il primato al teatro di suo fratello Giovanni, a un passo da Piazza del Duomo, e a quello di don Gaetano Crimi, il più antico e rispettato puparo catanese. Il suo teatro diviene presto celebre per le invenzioni meccaniche e la bellezza dei pupi, grandi, alti fino a un metro e trenta e pesanti anche più 20 chili, manovrati da specialisti della maniata, dall’alto di un ponteggio nascosto dietro il fondale, e dotati della voce di specialisti della parrata. La Storia Greca si alterna a Buovo d’Antona, Fioravante e Rizzieri, Guerin Meschino, alla Passione di Gesù Cristo e a una Storia del Risorgimento italiano coi fatti leggendari di Garibaldi. Per emulare Gaetano Crimi, nel 1870 Grasso presenta uno spettacolo con attori in carne e ossa, Costanzo re di Spagna, e poi nel 1880 con un Guerin Meschino e altri spettacoli ispirati al ciclo puparo dei Reali di Francia, dove allora lo stesso don Angelo recita nei panni di Carlomagno. Alla morte di Don Angelo, commemorata da Pitré con viva commozione, la moglie sospende l’attività e riapre il Machiavelli soltanto tre anni dopo, nel 1891 con modeste farse e numeri vari. Vi si fanno anche drammi a soggetto su fatti di cronaca, e varie compagnie presentano commedie in siciliano, recitando a braccio o col copione; finché il figlio Giovanni – che in quel teatrino, nei locali alle spalle del palcoscenico dove la famiglia abitava, era nato – non dà nuovamente il via alle campagne dell’opera. Parla i pupi maschi e femmine, come il padre, ed è eccezionalmente dotato: il grande tragico Ernesto Rossi, quando nel 1894 assiste a una sua Cavalleria rusticana con i pupi e a un episodio del Meschino, resta folgorato da quella voce e invita Giovanni a seguirlo a Firenze per diventare attore drammatico e suo allievo. Giovanni Grasso non lo seguirà. Resta al Machiavelli, continuando probabilmente a dedicare all’Opera la maggior parte della stagione. Nel 1896 vi programma anche operette, vaudeville e prosa, senza tralasciare il graditissimo varietà.
Dal 1897 Grasso abbandona i pupi. Ha formato una sua compagnia drammatica, che debutta al Machiavelli quell’anno con Li mafiusi di la Vicaria di Rizzotto e prosegue con altre opere, tutte in dialetto, tra le quali Malia, Cavalleria rusticana, Otello. Una farsa segue il dramma, secondo la consuetudine, e chiudono lo spettacolo canzonettiste napoletane e catanesi, come la Marfisa, Marietta Grasso, sorella di Giovanni, e Carmelina Tria. Il pubblico è vario, curioso, onnivoro. Nel 1899 fanno parte della formazione i coniugi Aguglia, con le figlie Sarina, Teresa e Mimì; i coniugi Bragaglia con la figlia sedicenne Marinella; Domenico Quartarone, Rocco Spadaro e altri, tra cui un già insuperabile Angelo Musco.
La «fucina» del Machiavelli, come Martoglio definisce la compagnia di Giovanni Grasso, nel giro di un paio d’anni diventa la chiave di volta del teatro siciliano, in un’Italia largamente interessata alla scena dialettale: a Roma prima, nel 1902, poi a Milano, Firenze, Napoli, la troupe trionfa, e ritrova a Catania un pubblico entusiasta.
Il 22 febbraio 1903, per un banale incidente, il Machiavelli prende fuoco: tutto brucia, anche i bellissimi pupi di don Angelo. Ma nell’agosto è già pronto a riaprire e si presenta così: il locale rettangolare è occupato per una dozzina di metri dal palcoscenico, dotato di sette quinte per parte e di una breve ribalta, davanti alla quale prende posto l’orchestra. La platea è occupata da sedie verso il proscenio e da panche verso il fondo e sui tre lati è circondata da una galleria di legno sorretta da pali, sul cui parapetto – come è l’uso – spiccano grandi riproduzioni fotografiche di Giovanni Grasso in diverse pose teatrali del suo repertorio.
E di nuovo il successo porta la compagnia in Francia, Spagna, Russia, Inghilterra, Stati Uniti. Dal 1906 il Machiavelli è affidato a Micio Grasso, fratello minore di Giovanni. Nel 1912, ritornato definitivamente a Catania, Giovanni scioglie però la compagnia e chiude il Machiavelli.

Quel teatro che per oltre quarantacinque anni era stato cardine dello spettacolo cittadino, oggi è tornato a essere un luogo amato a Catania, anzi, un luogo necessario, un punto di riferimento riaperto nell’aprile 2010 con Recitazione di Siddharta una rappresentazione di Lamberto Puggelli dal romanzo di Hermann Hesse. Dall’ottobre del 2014, il Teatro Machiavelli, che ora si affaccia sulle nuove sale in Piazza dell’Università, è gestito dall’Associazione Ingresso Libero, in convenzione con l’Università degli Studi di Catania, e ospita la Fondazione Lamberto Puggelli.

Piazza dell'Università, 13
95131 Catania
3888298458